Laura Antonelli, senza clamore

 

 

Laura Antonelli è morta senza tanto pubblico intorno. Non era più il tempo. Non era più il caso. Eppure è morta meglio di come moriranno tanti che si dispiacciono del suo stato di abbandono, ne approfittano per trovare belle parole e rammaricarsi, dimenticandosi di un fatto: che lei era lei, proprio così, e se le volevi bene non la molli perché sta male, e poi ha fatto scelte strane, ma in fondo sue, tutte sue.

Accidenti lei alla fine era contenta così. È morta felice, ha detto. Non lo sappiamo se sia vero. Ma meglio morire così, senza nessun ipocrita intorno, con tre-amici-tre da chiamare al telefono, una fede fanciulla in Gesù e in Dio che lei chiamava «papino», che diventare decrepiti e riveriti, con ospiti a tavola preziosissimi, con la gente in coda per venire a casa tua, e scoprire che in realtà – ma solo dopo morta – non ti voleva bene nessuno e anche i tuoi cari si sbraneranno per l’eredità.

Il libro più crudele dell’anno è quello dedicato alla donna più potente e ricercata di Roma, Maria Angiolillo, oggi diventata best-seller suo malgrado, con gli altarini esplorati insieme agli scheletri dell’armadio ( La signora dei segreti. Il romanzo di Maria Angiolillo. Amore e potere nell’ultimo salotto d’Italia , di Candida Morvillo e Bruno Vespa).

In realtà sotto sotto lo sappiamo dove sta il bene. E quale vita è giusta e buona. In questi giorni qualcuno mi dica se non ha invidiato le persone nominate nel biglietto lasciato da Laura Antonelli che era povera, poverissima, ma non era affatto incapace di intendere e volere, tant’è che è stata capace di riconoscere la gratuità e l’affetto senza tornaconto. I carabinieri hanno trovato un biglietto con alcuni nomi e accanto i numeri di telefono: «Se ho bisogno di qualcosa, cercate Lino Banfi, Claudia Koll, Gino Ciogli e mio fratello Claudio». Qualcuno di cui aveva il numero di telefono e sapeva che sarebbe corso da lei l’aveva.

Povera, sola, ma con numeri di telefono sicuri, buoni. È morta a terra con il Vangelo in mano. «Voglio andare da Gesù», sono le ultime parole che il prete ricorda. Era di una bellezza strepitosa. Risorgerà ancora più bella.

Raffaele e il nuovo album

Raf Sono ioPer raccontare l’amore ci vuole delicatezza e poesia, ma per reinventarsi e lanciare successi, anno dopo anno, serve sensibilità e passione. Un mix vincente che Raf possiede di certo, tanto che lo spazio di tempo tra la pubblicazione di un album e l’altro, lascia i tanti fan italiani in trepidante attesa, pronti ad ascoltare quando la novità sarà annunciata. E’ accaduto di nuovo: Raffaele Riefoli ha confermato che il 30 giugno 2015 arriverà il nuovo album. Del resto, c’era stato troppo silenzio dall’ultima fatica discografica dal titolo Numeri. Ben quattro anni. Inutile dire che sui social si sono scatenati tantissimi commenti di grande entusiasmo da parte di chi ascolta i suoi pezzi da anni, interpretandone il messaggio positivo contenuto tra le rime. Prosegue, intanto, “Sono Io Tour 2015” che vedrà Raf venerdì 15 maggio all’Atlantico Live di Roma. L’artista ha annunciato che durante il concerto verrà girato il video del suo nuovo singolo “Rimani tu”, secondo singolo preceduto dal brano Come una favola (presentato al Festival di Sanremo 2015) che ha segnato il ritorno di Raf sulle scene.

Giorgia Conti, giornalista web

Christopher e la musica

Lee

A distanza di alcuni giorni dalla sua scomparsa, si vuole volgere ancora un pensiero all’inossidabile ‘Conte’, ovvero, Christopher Lee. L’attore, al momento del fatto, era ospite presso il Chelsea and Westminster Hospital di Londra. Dopo il 27 maggio scorso, data del suo compleanno, il ‘Conte’ aveva accusato problemi di salute. I medici lo avevano ricoverato a causa di problemi cardiaci.

Christopher Lee è stato un mito: nessuno, probabilmente, ha incarnato con tanta precisione il Signore dei lupi e della Transilvania boscosa e cupa. Vlad Dracul, il protagonista presentato dal romanziere Bram Stoker nel suo libro di maggiore successo, ovvero Dracula, ‘aveva’ la sua faccia, non vi è alcun dubbio. Tuttavia, l’ombra inquietante di questo personaggio romantico e tenebroso, non deve far dimenticare le altre prove cinematografiche di questo grande attore.
Nel Signore degli Anelli è stato un superbo stregone Saruman: lo si ricorderà con gli occhi scintillanti sulla stele di pietra nel vento di tempesta. La torre che lo ospitava era altissima. Anche Lee, del resto, apparteneva alla stirpe degli altissimi: insieme al suo profondo timbro vocale, proprio la sua notevole altezza lo aveva fatto preferire ad altri per il ruolo di Dracula. Oltre, va da se, all’ovvio talento recitativo. Lee è intervenuto anche nel film Lo Hobbit.
Invece in Guerre Stellari interpreta Dooku, un altro conte: un titolo nobiliare che porta gran fortuna a Christopher Lee. D’altra parte il sangue nobile gli scorreva nelle vene: sua madre era la marchesa Estelle Maria della famiglia Carandini, sfolgorante bellezza di terra italica. Suo padre era un militare dell’esercito inglese. Nonostante il divorzio, la madre volle dare a tutti i costi a Christopher e a sua sorella Xandra, un’educazione artistica importante.

Ma, per ritornare al suo massimo personaggio di successo, pare che Christopher Lee non fosse particolarmente legato a questa figura. Anche per Lee il rischio di restare ingabbiato in un unico personaggio, come capita a tutti gli attori che hanno successo in un preciso ruolo, ha avuto un chiaro peso. Comunque l’attore minimizzava e andava avanti con Vlad Dracul: la cappa nera e gli svolazzi di pipistrelli lo hanno visto ben 11 volte protagonista indiscusso.
Aveva debuttato nel 1948 per la regia di Terence Young nel film Il Mistero degli Specchi. Il successo arriverà dieci anni dopo, proprio con Dracula il Vampiro. Tuttavia la sua carriera lo ha visto oltre che vampiro anche mostro, avventuriero, detective, assassino, stregone e cardinale. Sicuramente si è specializzato nel cinema di genere, dall’horror al fantasy: in tutti questi campi ha disegnato personaggi immortali.

Ma i suoi interessi non si limitavano all’area meramente professionale. Era appassionato melomane, collezionista d’arte, e cantante; si è cimentato perfino nel metal. Il suo sguardo critico si posava ironicamente, a volte, sulle nuove leve e sulla società e rifletteva: “Fare l’attore è diventato un sogno comune. Tutti vogliono essere attori, ma essere un attore sul serio è il mestiere più duro del mondo”. Un giudizio emesso da un ironico osservatore del grande circo che si agita sul pianeta Terra.

Massimo Albertini, blogger

Il Piccio e la mostra milanese

Francesco Luigi Maspes cura una delle più interessanti mostre del 2015, quella che vede come primo attore Il Piccio, una definizione che, perlomeno da un punto di vista della significazione, tende a sminuire la statura artistica di questo fuoriclasse dell’Ottocento. Il vero nome del pittore era Giovanni Carnovali.

Fra i suoi committenti vi si trova la borghesia capitalistica. Questa è costituita dai nuovi esponenti di una classe in evoluzione che, a causa proprio delle origini squisitamente popolane, con difficoltà riescono apprezzare in pieno il verbo artistico di Giovanni. Tuttavia, il nostro porta avanti una sua precisa maniera di fare pittura.

Di quest’epoca romantica la Storia non fa mistero dell’attenzione che la nuova classe in ascesa spenda verso il dio denaro. Benessere, ricchezza, soldi, lusso: sono questi i valori che trovano attenzione e sollecitudine verso la loro conquista. Perché quest’affanno verso questi simboli? E’ presto detto: per ottenere il rispetto degli altri simili. Già, ma questa classe proveniente dal basso come poteva librarsi verso l’alto essendo dotata di ali di rozzo cartone e abituata, sino alla sera prima, a dire ‘sissignore’ all’aristocrazia? Quest’ultima, va da se, vedeva i nuovi grezzi ricchi con il fumo negli occhi. Disprezzavano questa gente che il giorno urlava al mercato del pesce e la sera contava i riflessi dorati delle monete che, sparse su un tavolaccio che testimoniava la povertà primitiva, aumentavano di volta in volta. Questa idiosincrasia era conosciuta dagli stessi borghesi che, pur di appartenere all’elite, studiavano mosse nobilitanti. E cosa poteva rendere più nobile di un ritratto che affidasse all’eternità l’espressione di uno che si è fatto tutto da solo? Ecco, quindi, fiorire nell’Ottocento un buon numero di ritrattisti.

Alcuni di questi artisti diverranno immortali grazie a questa tensione che i nuovi ricchi sentono nella loro psiche. Uno di loro è Giovanni Carnevali detto, per l’appunto, il Piccio. Tuttavia, nell’artista Piccio, l’aspetto meramente lavorativo legato alla pur complicata capacità di carpire la psicologia del ritrattato, non si è mai limitato a ciò che era stato contrattato. Il Carnovali andava oltre la richiesta del committente. La sua tecnica era innovativa, sciolta, liquida. Si sarebbe detto una sorta di gorgoglio di pennellate in cerca di un riposo mai trovato, ma tuttavia produttore di curiosità nel riguardante l’opera finita. Verosimilmente è lecito sospettare che tra i contemporanei il Piccio abbia avuto meno fortuna di quella che meritasse; sia tra i committenti sia tra gli appassionati d’arte dell’epoca. Non è incredibile questa tesi. Basti andare un attimo al di là del suo spettro di soggetti e osservarli con uno sguardo indagatore: ritratti, testi sacri, mitologia, pittura del passato. Certo, temi usati da tanti pittori della sua età storica, ma pochi di loro possono essere accomunati a quel trampolino artistico che avrebbe lanciato le Avanguardie storiche del primo 900: l’Impressionismo. Le pennellate di Piccio anticipano le ‘sciabolate’ pittoriche di Boldini. Così come, se si è abbastanza attenti, non è difficile rilevare nel Piccio un’evoluzione che parte dal 600 di Franz Hals. E, in tutta franchezza, non è poco per uno che si chiama semplicemente il Piccio. La mostra, presente a Milano alle Gallerie Maspes, è aperta dal 29 maggio al 28 giugno e si avvale dell’apporto della Società delle Belle Arti ed Esposizione Permanente.

A Cannes 2015 è tutto rosa

 

Chaterine Deneuve

I politici dicono che la crisi che attanaglia il mondo occidentale si sta allontanando. E’ una buona notizia. Ammesso che sia vero. Ciò che invece è sicuro, è che la la 68esima edizione di Cannes è incamminata e, fra qualche giorno,  si potranno tirare le somma sul suo valore di vetrina che testimonia lo stato attuale dell’arte cinematografica attuale.  Il film che ha aperto è stato La tete haute di Emmanuelle Bercot; chiuderà invece Ice and the sky di Luc Jaquet. Il festival di Cannes si svolge fra il 13 e il 24 maggio 2015. A rappresentare la penisola italica ci sono tre film: Paolo Sorrentino porta Youth – La giovinezza; Nanni Moretti presenta Mia madre, e infine, Matteo Garrone col Racconto dei racconti. Fra queste tre opere, così prevede il quotidiano The indipendent, Youth – La giovinezza dovrebbe essere il film italiano più favorito per la vittoria finale. Tuttavia, per adesso, è solo un bel pronostico. Comunque fra i film capaci, sempre secondo il quotato The indipendent, di portare a casa la vittoria finale, fanno figura The lobster del regista greco Yorgos Lanthimos – commedia con Rachel Weisz e Colin Farrel – poi Sicario, ovvero e visto il titolo italiano, un film che parla di mafia attraverso la tecnica del thriller – regista Denis Villeneuve . Tra i favoriti trova spazio anche Umimachi diary (Our little sister) di Hirokazu Kore – Eda Hirokazu, che invece sfrutta la sceneggiatura legata al dramma.

I fratelli Coen – Joel ed Ethan – hanno il compito di presiedere la giuria che assegnerà l’ambita Palma d’oro. Fanno parte della giuria anche attori del calibro di Jake Gillenhaal e Sienna Miller.

Questa edizione 2015 si caratterizza per la numerosa presenza di quote rosa. Seppure le figure dedite alla regia non siano particolarmente numerose, l’elenco delle protagoniste invece mette in primo piano l’aspetto partecipativo al femminile.

Il red carpet 2015 è popolato da molte figure femminili e importanti della cinematografia mondiale. Qualche esempio? Intanto Chaterine Deneuve proprio nel film che apre le danze, La tete haute. Poi, senz’altro si può passare a Charlize Theron. L’attrice, con il film fuori concorso Mad Max: Fury Road e insieme a Tom Hardy, è stata già riconosciuta negli States come eroina di un ‘capolavoro femminista’. Cate Blanchet e Rooney Mara si muovono all’interno delle scene di Carol, di Todd Haynes. La già citata Rachel Weisz è legata al film fantascientifico The lobster. Emily Blunt trova la sua dimensione di attrice nell’ambiente dei trafficanti di droga – nei panni di una poliziotta – che Denis Villeneuve ha previsto nel suo film, Sicario. Per Justin Kurzel, nel film Macbeth e in versione western, troviamo Marion Cotillard. Prima è stato citato il tema delle registe: in questo Cannes 2015 c’è anche qualche debutto. Ad esempio – con il film Una storia d’amore e di tenebra – si può segnalare il nome di Natalie Portman che fa recitare Amos Oz fuori concorso.

I film in lizza sono 19, ecco i titoli:

Carol di Todd Haynes

Chronic di Michel Franco

Dheepan di Jacques Audiard

Il racconto dei racconti (The tale of tales) di Matteo Garrone

La loi du marché (A simple man) di Stéphane Brizé

Louder than bombs di Joachim Trier

Macbeth di Justin Kurzel

Marguerite et Julien di Valérie Donzelli

Mia madre di Nanni Moretti

Mon roi di Maïwenn

Nie Yinniang (The assassin) di Hou Hsiao Hsien

Saul fia (Il figlio di Saul), László Nemes

Shan He Gu Ren (Mountains may depart) di Jia Zhang-Ke

Sicario di Denis Villeneuve

The lobster di Yorgos Lanthimos

The sea of trees di Gus van Sant

Umimachi Diary (Our little sister) di Hirokazu Kore-Eda Hirokazu

Valley of love di Guillaume Nicloux

Youth di Paolo Sorrentino

Una band, un cantautore: canzoni ispirate alla cronaca

Dal 21 marzo è possibile ascoltare un bel brano dalle tipiche sonorità rock ballad, “McDonalds’s Angel”. La canzone, scritta e presentata dal cantautore emiliano Mimmo Parisi, è, per certi versi e intenti, accomunabile a una canzone degli Stadio, “La mia canzone per te”. Questo ultimo brano faceva parte dell’album “Diluvio universale” del 2009, lavoro che vede un apporto importante di scrittura da parte di Vasco Rossi.

Una canzone, “La mia canzone per te”, che non era stata scritta espressamente per Eluana Englaro, come dichiarato da Curreri, ma di fatto dedicata a lei in tutti i loro concerti. Infatti, in una intervista di qualche tempo fa, Curreri ha espresso “che parla dell’amore per chi siamo costretti a lasciare per sempre e quindi, in questa canzone, ci sentiamo un po’ tutti Beppino Englaro, padre di Eluana, la giovane donna lecchese rimasta in stato vegetativo per oltre 17 anni e dichiarata morto il 9 febbraio 2009”.

“McDonalds’ Angel” ha gli stessi intenti e attinge allo stesso humus: i fatti della società, la cronaca. Poi, non ci vuole molto a notarlo, i caratteri delle due storie, quella di Eluana Englaro, nel 2009, e quella di Tugce Albayrak, ragazza deceduta in seguito a un’aggressione nel 2014, sono simili nella loro drammaticità.

Agli Stadio e a Mimmo Parisi, va sicuramente il plauso per il loro impegno profuso, anche in direzioni diverse dall’ordinario aspetto commerciale previsto per la pubblicazione dei dischi.
Trovate il link per il download di “McDonalds’s Angel”qui:

Giorgia Conti, giornalista freelance

Gli Ash tornano a maggio

 
 
Tornano gli Ash con ‘Cocoon’, due minuti e mezzo di puro power pop, il primo singolo tratto dall’imminente nuovo album ‘Kablammo!’ che uscirà il prossimo 26 Maggio 2015 su earMUSIC.
L’album arriva a 8 anni di distanza dal precedente Twilight Of The Innocents, annunciato originalmente come l’ultimo album in carriera per la band britannico.
“Sono gli Ash in tutto il loro splendore” dice il batterista Rick McMurray. “Un muro di chitarre con una scarica di adrenalina e un pizzico di melodia”. 
Il titolo del nuovo lavoro, “Kablammo!”, riassume tutto l’entusiasmo che gli Ash hanno provato “a ritrovarsi tutti nella stessa stanza a comporre nuova musica. Lo si può sentire in ogni singola canzone.”
Gli Ash presenteranno le canzoni di ‘Kablammo!’ in alcune date in Europa quest’estate.

kablammo

(Notizia dalla rete, a cura di Giorgia Conti)

Ramazzotti news

Eros Ramazzotti ha annunciato a sorpresa che nella primavera dell’anno prossimo uscirà il suo nuovo album e che da settembre partirà l’“Eros Ramazzotti World Tour 2015”.

Il calendario della tournée prevede una data zero a Rimini il 12 settembre a cui seguiranno altri 22 appuntamenti internazionali: il 16 e 18 settembre all’Arena di Verona, il 22 a Lubiana in Slovenia, il 24 a Belgrado in Serbia, il 26 a Sofia in Bulgaria, il 29 a Cracovia in Polonia, il 5 ottobre a Zurigo in Svizzera, il 7 e l’8 a Milano, il 12 a Firenze, il 14 e il 16 a Roma, il 20 a Bologna, il 22 a Monaco di Baviera in Germania, il 24 a Mannheim in Germania, il 26 e il 27 a Bruxelles in Belgio, il 30 a Praga in Repubblica Ceca, l’1 novembre a Colonia in Germania, il 3 ad Amsterdam in Olanda, il 5 a Stoccarda in Germania e il 7 a Torino.

I biglietti saranno acquistabili dalle 12.00 di domani, giovedì 11 dicembre.

Lo show sarà arricchito della presenza di musicisti internazionali e proporrà, per la prima volta, anche i nuovi brani dell’album che sarà pubblicato nel 2015.

Qui l’articolo originale: http://www.radioitalia.it/news/eros_ramazzotti/tour/9426_eros_ramazzotti_nel_2015_un_nuovo_album_e_un_tour_internazionale.php

 
 

Steve Vai, nuovo album

Steve Vai, il nuovo album “Stillness in Motion: Vai Live in L.A.” in uscita il 6 aprile 2015

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Uscirà il 6 aprile 2015 “Stillness in Motion: Vai Live in L.A.“, il primo dei progetti catalogici di Steve Vai che vedranno la luce nel corso dell’anno grazie al nuovo contratto stipulato con la Legacy Recordings.

Il set, disponibile in edizione composta da 2 CD o 2 DVD, contiene le registrazioni del concerto tenuto il 12 ottobre 2012 al Club Nokia di Los Angeles durante il “Story of Light World Tour“, che aveva visto il leggendario chitarrista impegnato per due anni interi: “affermare che questo tour è stata un’esperienza formidabile sarebbe un po’ come dire che il sole è caldo,” si legge tra le note personali di Vai.

Proprio a quel tour nella sua interezza è dedicato parte di uno dei due DVD, contenente “The Space Between Notes (Tour Mischief)“, una sorta di diario di bordo della durata di tre ore e mezza che documenta, con filmati on-stage e off-stage, riprese dietro le quinte e contenuti video esclusivi la lunga tournée composta da ben 253 live in 85 paesi (Italia inclusa) seguita alla release dell’ultimo studio album “The Story of Light“.

Il nuovo accordo tra Vai e la divisione della Sony, su cui Vai aveva già pubblicato a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila, prevede anche l’uscita di materiale inedito, sebbene ancora non si conoscano dettagli precisi su un nuovo album del musicista.

“Stillness in Motion: Vai Live in L.A.” – Copertina & Tracklist

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2CD Edition

Disc 1
01. Intro/Racing the World
02. Velorum
03. Band Intros
04. Building the Church
05. Tender Surrender
06. Gravity Storm
07. Weeping China Doll
08. John the Revelator
09. The Moon and I
10. The Animal
11. Whispering a Prayer
Disc 2
01. The Audience Is Listening
02. Rescue Me or Bury Me
03. Sisters
04. Treasure Island
05. Salamanders In the Sun
06. Pusa Road
07. Frank
08. The Ultra Zone (CD Version)
09. Build Me a Song L.A.
10. For The Love of God
11. Taurus Bulba

2DVD Edition

Disc 1
01. Intro/Racing the World
02. Velorum
03. Band Intros
04. Building the Church
05. Tender Surrender
06. Gravity Storm
07. The Trillium’s Launch
08. Weeping China Doll
09. John the Revelator
10. The Moon and I
11. The Animal
12. Whispering a Prayer
13. The Audience Is Listening
14. Where Are We
15. Rescue Me or Bury Me
16. Sisters
17. Treasure Island
18. Beastly Rap
19. Salamanders In the Sun
20. Pusa Road
21. Earthquake Sky, Drum Solo
22. I’m Tired
23. The Ultra Zone
24. Frank
Disc 2
01. Build Me a Song L.A.
02. For the Love of God
03. Taurus Bulba
Story of Light Tour: The Space Between the Notes (Tour Mischief)
04. Leg 1 (Rehearsals/USA)
05. Leg 2 (Europe/Eastern Europe)
06. Leg 3 (Vegas/Netherlands/Russia/Ukraine/Europe)
07. Leg 4 (Australia/NZ/Indonesia/China/S. Korea/Japan/Taiwan/Thailand)
08. Leg 5 (Europe…again)
09. Leg 6 (USA…again)
10. Leg 7 (Mexico/South America/China)
11. Leg 8 (Vegas/Singapore/Malaysia/Israel/Europe/Russia/Ukraine)
12. Leg 9 (USA/St. Barths/Japan/France/Poland)

Un 007 per la Bellucci

James Bond ha colpito di nuovo: c’è anche Monica Bellucci nel ricchissimo cast di Bond 24, titolo poi aggiornato a Spectre,  come è stato annunciato dagli Studi di Pinewood fuori Londra dallo stesso regista insieme alla produttrice Barbara Broccoli: “Interpreterà Lucia Sciarra”, ha rivelato Mendes. La presenza della Bellucci, 50 anni compiuti il 30 settembre, si spiega anche perché una parte del nuovo film sarà girato in Italia, dove la troupe del film arriverà il 19 febbraio per un lungo periodo di riprese (fino a marzo) a Roma.

Video

Monica Bellucci sarà nel cast del nuovo film di James Bond, intitolato “Spectre”. Ad annunciarla, in diretta streaming, il regista della 24esima avventura di “007”, Sam Mendes
Tre anni dopo il successo di Skyfall, più di un miliardo di dollari di incasso globale, arriverà nei cinema di tutto il mondo nell’ottobre 2015 il nuovo capitolo della saga di James Bond. Per la quarta volta a vestire i panni dell’agente nato dalla fantasia di Ian Fleming Daniel Craig, il biondo attore inglese che dopo aver vinto tutti i pregiudizi sul suo physique du role, deve a Bond la consacrazione a divo mondiale. 

Confermato nel ruolo del cattivo Christoph Waltz, due volte premio Oscar come attore non protagonista in Bastardi senza gloria e Django Unchained, entrambi di Quentin Tarantino. Gli altri componenti del cast sono Ben Whishaw, Léa Seydoux, Ralph Fiennes, Andrew Scott, Dave Bautista e Naomie Harris. Il regista è per la seconda volta l’inglese Sam Mendes, premio Oscar per American Beauty, che aveva già firmato l’ultimo capitolo della saga. In occasione della rivelazione del titolo si è anche vista la nuova macchina che Bond guiderà: l’Aston Martin DB10.

Ancora sconosciuta la trama del film anche se l’atmosfera del nuovo capitolo si può cogliere dalla dichiarazione del regista che, in un primo momento aveva deciso di rinunciare al secondo 007 e poi ha cambiato idea, “Cosa stiamo cercando di fare e il pubblico sembra averlo apprezzato in Skyfall, è permettere per la prima volta ai personaggi di invecchiare. E’ come se fossero in qualche modo consapevoli del passare degli anni e anche del valore storico della saga di cui fanno parte. L’orgia della nostalgia, il rumore del pubblico che si siete all’anteprima tutto questo mi ha fatto venire voglia di farlo di nuovo. Perché è il ragazzino dodicenne che è in me che ama quel momento”.

Video

Brivido, azione, ironia e romanticismo: tutti gli ingredienti del successo di James Bond sul grande schermo in questa rassegna di tutti gli “007”, da Sean Connery a Roger Moore, da Timothy Dalton e Pierce Brosnan a Daniel Craig

Le riprese del ventiquattresimo film di James Bond, il primo era 007 – Licenza di uccidere del 1962 con Sean Connery, inizieranno tra quattro giorni in Inghilterra e poi si sposteranno oltre che in Italia anche in Messico, Marocco, e nelle montagne austriache di Soelden.

Notizie raccolte da Giorgia Conti, giornalista

Facchinetti dei Pooh

Se l’è cavata con due fratture, al polso e alla tibia, anche se inizialmente il figlio Francesco aveva detto che “non si era fatto nulla”. Roby Facchinetti è caduto dal palco durante le prove di “The Voice” e Francesco sui social ha raccontato la disavventura. “Diciamo che ha voluto iniziare col botto – scrive Francesco – Ci vediamo in TV. FORZA PAPA’, il TeamFach ha bisogno del suo capitano”.

Sempre su Facebook Francesco ha sottolineato: “Ci tengo a spiegare cosa è successo prima che partano versioni fantasiose sull’accaduto. Ieri eravamo alle prove di The Voice. Durante un’esibizione mio padre è caduto in una botola di fianco al palco. E’ stato soccorso e lo abbiamo portato in ospedale. Credevamo non si fosse fatto niente ma, purtroppo, ha avuto delle lesioni al polso e alla gamba. Oggi è stato operato immediatamente alla tibia e ora sta bene. Nella sfortuna poteva andare molto peggio”.

Francesco tra l’altro, via Twitter, è sembrato persino preoccuparsi più degli altri che di papà. Si è infatti scusato con tutti perché le prove erano state sospese, ma siamo sicuri che il povero Roby non lo ha certo fatto apposta…

Drake, il cantante di Pink Moon

Nicholas Rodney (“Nick” Drake) è stato un cantautore inglese.

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Con qualche mese di ritardo, ricordiamo uno dei più graditi testi pubblicati nell’anno 2014. Ci voleva un libro per tornare a parlare di Nick Drake. A raccontare, con i crismi dell’ufficialità, la sua storia, è Remembered for a while, in uscita a novembre in Inghilterra per John Murray, in occasione del quarantennale della scomparsa del songwriter britannico, ma la notizia già ha fatto parecchio rumore, accompagnata com’è da un ulteriore annuncio.
L’edizione deluxe del volume include un vinile con quattro brani tratti da una incisione per la Bbc – una delle leggendarie session radiofoniche trasmesse da John Peel – che si pensava perduta, risalente al 1969, anno in cui Drake debuttava con l’album Five Leaves Left e stava lavorando alle canzoni del disco successivo, Bryter Layter.
L’ARTISTA DI CULTO. Perché tanto interesse? Perché Drake, morto 26enne il 25 novembre 1974 a causa di una overdose – non si è mai riusciti a stabilire con certezza se volontaria o meno – da antidepressivi, pressoché sconosciuto in vita, è diventato nell’ultimo ventennio l’archetipo dell’artista di culto adottato progressivamente da un pubblico sempre più vasto.
SOLO TRE ALBUM IN VITA. La morte di Drake non fu che un trafiletto a margine – letteralmente – della vulgata musicale principale, visto che i tre album incisi in vita, incluso il commiato del 1972 Pink Moon, disco per sola voce e chitarra di rarefatta e rassegnata bellezza, vendettero pochissime copie: lavori penalizzati dall’attitudine appartata dell’autore, che non concedeva interviste e aveva smesso di fare concerti, perché, ipotizza qualcuno, le insolite accordature utilizzate rendevano le pause necessarie tra un pezzo e l’altro troppo vulnerabili al chiacchiericcio.
PARLÒ DELLA GENERAZIONE. Non accettava di misurarsi con un pubblico distratto Drake, ma allo stesso tempo era animato dal bisogno di parlare alla sua generazione, di tradurre in termini che fossero comprensibili al maggior numero di persone il proprio sguardo visionario e ipersensibile; e anche ai posteri, viste gli innumerevoli indizi disseminati nelle canzoni: quasi come se sentisse, si spinge a dire qualcuno, che la sua fama avrebbe avuto inevitabilmente un destino postumo. Un dissidio interiore, tra incomunicabilità e bisogno di riconoscimenti, che lo porterà sulla strada della depressione, con flebili tentativi di uscirne – incluso un viaggio parigino per incontrare senza esito la cantautrice Françoise Hardy – interrotti tragicamente una notte d’autunno del 1974.
LE CANZONI NEGLI SPOT. Poi, nel 1979, usciva Fruit Tree, un box antologico che incominciò a far crescere il culto. Un passaparola a lungo discreto, diffuso tra gli appassionati e i colleghi che non avevano potuto conoscerlo in tempo reale per motivi anagrafici (tra i fan Kate Bush, Robert Smith, Paul Weller, Beck), fino a quando la Volkswagen, nel 1999, scelse una sua canzone, Pink Moon, e la utilizzò per lo spot della Golf.

I suoi possibili eredi: da Elliott Smith a Sufjan Stevens

Nato il 19 giugno 1948, Nick Drake è morto il 25 novembre 1974.Nato il 19 giugno 1948, Nick Drake è morto il 25 novembre 1974. 

Da quel momento in poi i tributi si sono moltiplicati, tributi in termini di discendenza artistica (l’acustico Pink Moon pietra di paragone per qualsiasi cantautore indipendente deciso a raccontarsi in intimo dialogo con la propria chitarra, e una serie sterminata di possibili eredi, consapevoli o meno di esserlo: Elliott Smith, Sufjan Stevens, Badly Drawn Boy), ma anche documentari (A Skin Too Few dell’olandese Jeroen Bervens, uscito nel 2000, e il televisivo Lost Boy del 2004, prodotto dalla Bbc con Brad Pitt, altro fan d’eccezione, nelle vesti di narratore) e, naturalmente, biografie, tra tutte quella imponente di Patrick Humphries.
PERSONAGGIO FRAGILE. Nel corso dell’ultimo decennio sono usciti anche materiali d’archivio, un paio di antologie pubblicate 10 anni fa, Made to love magic e A treasury, quest’ultima una raccolta di registrazioni adolescenziali casalinghe le quali hanno fatto venire il dubbio che ci si fosse spinti troppo in là nell’indagare la vita di qualcuno che aveva scelto di parlare solo attraverso le canzoni.
Un caso da manuale di sfruttamento mercantile del defunto? Non esattamente, poiché in ballo c’è senz’altro anche l’indecifrabilità e la fragilità del personaggio, l’enorme fascino esercitato da un animo imploso sul quale è stato (ed è) possibile fantasticare all’infinito.
SCONTRO SULLE INCISIONI. La fame di inediti non è comunque ancora cessata: è recente la notizia che alcuni nastri in possesso di Beverley Martin (vedova del folksinger John: entrambi furono tra i pochissimi confidenti di Drake), che avrebbero dovuto andare all’asta per alcune centinaia di migliaia di dollari, sono stati bloccati dai legali della famiglia del songwriter britannico, che hanno messo in discussione la proprietà delle incisioni.
Non sappiamo se quei nastri vedranno in qualche modo la luce, quel che è certo è che, per la prima volta, con Remembered for a while sembra palesarsi la necessità di ufficializzare il canone drakeiano.
LA SORELLA NEL PROGETTO. Gabrielle, sorella celebre negli Anni 60 per aver fatto parte del cast della serie televisiva Ufo, ha lavorato al progetto per sei anni, curando e selezionando i materiali inclusi testi di canzoni autografi e lettere alla famiglia, includendo le testimonianze del produttore-scopritore Joe Boyd e di Robert Kirby, il da poco scomparso arrangiatore dei primi due album.
Il tentativo di ‘storicizzare’ e canonizzare un lascito artistico che tuttavia molto difficilmente riuscirà a mettere la parola definitiva su una storia per sua natura sfuggente, enigmatica, aperta a molteplici chiavi di lettura.

Shadows per Dylan

Torna Bob Dylan con Shadows In The Night

In uscita il 3 febbraio 2015 in cd, vinile + cd ed in digitale

(ANSA) – ROMA, 9 DIC – “Shadows In The Night” è il titolo del nuovo album da studio di Bob Dylan in uscita il 3 febbraio 2015 in cd, vinile + cd ed in digitale per Columbia Records/Sony Music. Il disco contiene dieci brani prodotti da Jack Frost ed è, dopo Tempest pubblicato nel 2012, il 36esimo album da studio dell’artista americano. “Realizzare quest’album è stato un autentico privilegio” ha detto Dylan.

Sanremo volante

Volando si vince. Come molti pensavano, la macchina messa in moto per lanciare verso il cielo… il Volo, ha funzionato. Pronostico rispettato. Super favoriti fin dall’apertura della kermesse, i ragazzi de Il Volo trionfano al 65° Festival di Sanremo, battendo, con il 39% dei voti, Nek e Malika Ayane. Quest’ultima si è aggiudicata il Premio della Critica Mia Martini, mentre l’artista modenese si è portato a casa il riconoscimento per il Miglior Arrangiamento, dato dall’orchestra, e il Premio della Sala Stampa Lucio Dalla. Precedentemente, nel corso della lettura della classifica parziale si era verificato un vero e proprio giallo. Durante la lettura della graduatoria, la grafica è andata in tilt nell’annunciare la nona posizione, erroneamente attribuita a Nek anziché a Nina Zilli.

A quel punto Carlo Conti ha cercato di sdrammatizzare e prendere tempo, fino ad invocare un foglietto con la classifica trascritta a mano. Se la medaglia d’oro è finita al collo del trio figlio di “Ti lascio una canzone”, stupisce al contempo l’assenza sul podio dei cantanti reduci da “X Factor” ed “Amici”. Il talent di Maria De Filippi si è dovuto accontentare del quarto posto di Annalisa (miglior piazzamento), del settimo dei Dear Jack (ci si aspettava di più) e del penultimo di Moreno.

Da segnalare pure l’ultima posizione di Grazia Di Michele, che ad “Amici” è insegnante di canto. Sul fronte “X Factor”, sorrisi a metà per il quinto posto di Chiara. Decimo invece il campione dell’ottava edizione Lorenzo Fragola, che dai bookmakers veniva considerato un papabile vincitore. I due programmi avevano sfornato quattro vincitori negli ultimi sei anni (Carta nel 2009, Scanu nel 2010, Emma nel 2012 e Mengoni nel 2013).

Giudizio finale sulla musica presentata all’Ariston? Leggera, anzi, leggerissima. Così leggera che ha preso il Volo. Speriamo lontano.

Daniela Bersani, webber

Jack On Tour 2015: un altro viaggio all’insegna della musica

Pronto il Jack On Tour 2015, un altro viaggio all’insegna della musica

Lo start ufficiale sarà dato il 30 gennaio a Livorno, si finisce a Catania il 28 febbraio. E poi ci si rivede in televisione a marzo, con un documentario in sei puntate

 

Fuori dal garage il furgone di Jack On Tour inizia a rombare: tra poco sarà pronto per il suo giro d’Italia. E’  la quinta volta. Andrà in quattro città, dove farà otto showcase, quattro concerti principali e farà suonare 14 artisti. Si inizia con tre gruppi: The Zen Circus, Pan Del Diavolo e His Clancyness a Livorno.

Foto di Vivastreet.it Vendo "Il grande cielo"

Mimmo Parisi, il cantautore bolognese, ha commentato l’evento affermando di essere un grande sostenitore di questa manifestazione: – Era ora che la musica riprendesse un modo di presentarsi diverso dai talent che, superata la prima impressione positiva legata alla novità e alla leggenda della serie americana di Fame (Saranno famosi), ora sembrano solo delle scuole per imparare un mestiere! – ha detto. Inoltre, ha concluso – il Jack On Tour è partecipato, oltre che da musicisti che hanno bisogno del contatto diretto con la gente, anche da quei ragazzi che hanno ben presente che Fame era un serial tv e andava bene come tale, nella realtà scuole del genere non fanno altro che appiattire ciò che, per sua natura ,ha bisogno di muri da rompere: l’Arte indica non è indicata!.

Ecco le tappe del Jack On Tour:

30 e 31 gennaio. Livorno
The Zen Circus, Pan Del Diavolo e His Clancyness

5 e 6 febbraio. Milano
Selton & Friends e Roberto Dellera
Special guest: Dente, G. De Rubertis (Il Genio), Ghemon, Walzer Carluccio, Davide “Divi” Autelitano (I Ministri)

18 e 19 febbraio. Roma
Bud Spencer Blues Explosion e Roberto Angelini

28 febbraio. Catania
Le Luci Della Centrale Elettrica e Nicolò Carnesi

I musicisti e il loro furgone sono i protagonisti del Jack On Tour, che vive di jam session e incontri imprevedibili con i fan. Il viaggio sarà raccontato in sei puntate su DMAX a partire da marzo.

 

One Direction in concerto

I One Direction hanno salutato il nuovo anno da Los Angeles partecipando al “Dick Clark’s New Year’s Rockin’ Eve” con una live performance da brivido.
Iniziare l’anno con i One Direction è decisamente il miglior augurio per un 2015 fantastico. Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Liam Payne e Zayn Malik hanno partecipato alla diretta televisiva “Dick Clark’s New Year’s Rockin’ Eve” da Los Angeles. Il canale televisivo americano ABC ha organizzato due eventi live dalle due coste americane: mentre Taylor Swift ha fatto il botto a Times Square New York, i cinque ragazzi hanno salutato il nuovo anno dalla West Coast, dove si sono esibite anche Charli XCX e Iggy Azalea. I 1D sono saliti sul palco poco dopo la mezzanotte e sono stati presentati da Fergie, che ha scherzato con la band prima di farli esibire. I cinque ragazzi hanno conquistato il pubblico con hits come “Beautiful”, “Steal My Girl” e “Story Of My Life”.
 
Il cantautore bolognese Mimmo Parisi ha commentato che, mentre in Italia si festeggiava il Capodanno su RaiUno nel  modo classico, il pubblico americano ha iniziato il 2015 alla grande con i concerti organizzati dalla ABC sulle due coste americane. Da Los Angeles i One Direction, che sono anche stati brevemente intervistati prima di esibirsi – un’occasione in più per ringraziare i fan per il successo ottenuto fin’ora e per invitarli al nuovo On The Road Again Tour (dalla locandina equivoca), che per ora non tocca ancora l’Italia nonostante la mobilitazione dei Directioner italiani. I ragazzi sono apparsi molto rilassati, anche nel look. Mantenendo la loro solita armonia cromatica di base, ognuno ha sfoggiato il suo look affine alla personalità: Harry in total black slim fit come Zayn e Louis,Liam con un chiodo in pelle scamosciata grigia su nero e Niall con la camicia a quadri sulla canotta scollata. Non male come inizio d’anno, vero? Auguri! E auguri anche dal nostro connazionale Mimmo Parisi che annuncia, tra pochi giorni, l’uscita del suo nuovo album targato 2015.

“I can’t explain”, parola di Roger

Probabilmente gli invitati non hanno creduto ai loro occhi, e soprattutto alle loro orecchie, quando Roger ha chiesto se fosse possibile cantare un suo brano. Il Roger del quale si sta argomentando fa di cognome Daltrey e canta in una band chiamata Who. Insomma, è andata più o meno così. Capita che, a una festa di nozze qualcuno si impossessi del microfono e cominci a ‘regalare’ (quando va bene) i propri gorgheggi agli intervenuti. Se va male e il performer non è in gambissima, c’è sempre qualche coraggioso che prova a convincere il volenteroso e occasionale cantante a dedicarsi allo spumante. Diversamente, il ricevimento rischia grandi flessioni di gradimento. Tuttavia, nella situazione che stiamo trattando, c’è da giurare che in molti avrebbero gradito che l’inattesa esibizione fosse durata più a lungo.

Infatti, Roger Daltrey, la storica voce di una delle più grandi rock band mondiali, per l’appunto gli Who, recentemente è intervenuto inaspettatamente a un matrimonio. Per la cronaca, i due fortunati sono Susan e Carl Smith. Il vocalist è salito sulla pedana dove la band dei Milestone suonava per rallegrare gli astanti e, senza grandi complimenti, ha chiesto il permesso per esibirsi. Agli increduli musicisti non è sembrato vero accompagnare uno degli Who! Non c’è niente da fare, quando si è artisti di quella levatura, non conta niente l’essere un mito, conta la voglia e l’attrazione per quello spazio magico che alita intorno a un microfono, di qualunque marca esso sia: che sia uno strumento di grande o scarso valore vale quello che ci dici dentro.

Così, in quell’albergo scozzese e durante un matrimonio che avrà tanta fortuna, si è realizzato un evento che, nel suo piccolo, è diventato di portata mondiale. La canzone che il vocalist storico ha cantato ai neo sposi è stata “I Can’t Explain”. Questo brano è il primo singolo, scritto da Pete Townshend, pubblicato dagli Who nel 1964. Per quanto legato al momento storico che l’ha visto nascere e quindi al genere Beat, questo pezzo ha diversi estimatori: in Inghilterra Jimmy Page volle contribuire con la sua chitarra (quando ancora i Led Zeppelin non esistevano e lavorava come session man); anche in Italia era presente nel repertorio della PFM e in quello del Balletto di Bronzo; una versione hard rock è invece legata al cantautore Mimmo Parisi. Tutt’ora, quando gli Who decidono di farne uno, “I Can’t Explain” funziona come primo brano per aprire i loro concerti. Rolling Stone, la rivista, l’ha classificata fra le migliori canzoni mai scritte; presenta solo tre accordi e, la prima versione (diversamente da quella live), era di breve durata. Sicuramente, “I Can’t Explain”, è la frase che gli sposini si son detti quando tutto è finito e gli invitati sono andati via. Si saranno guardati negli occhi e avranno mormorato: “Non so spiegarmi…”, ovvero, “Non so spiegarmi come abbiamo fatto ad aver come ospite un artista di quel genere… visto che nemmeno ci conoscevamo”. Poi, magari un po’ corrucciati avranno chiuso il dialogo con “…Ci siamo dimenticati di dargli la bomboniera!”. Fa niente. Auguri.

Diego Romero, webber

Ben Hur

In Italia è arrivato un ospite, viene dal passato e si chiama Ben Hur: pronti i preparativi per il remake a Cinecittà. È di questi giorni la notizia sul kolossal che fece brillare, in passato, la stella di uno dei più rappresentativi attori mondiali, Charlton Heston. Il film è l’ultra conosciuto Ben Hur. Per il 26 febbraio del 2016 gli americani potranno armarsi di pop corn e voglia di cinema per gustarsi la nuova versione della pellicola. L’evento è senza dubbio di rilevante portata per la cinematografia. Tuttavia, per la terra italica in preda al tunnel della crisi economica, l’aspetto artistico non è l’unico ad attirare l’attenzione.

Infatti, negli studios di Cinecittà e già dal prossimo febbraio, la Metro Goldwyn Mayer sarà in attività affinché la distribuzione della pellicola sia pronta per il 2016. La scelta della location operativa italiana ha straordinariamente messo in moto un numero importante di individui. Attori? Gente che ama apparire? Persone che credono il set di Ben Hur l’ennesimo reality dove mettere in mostra le proprie (in)capacità? Può essere che ci siano tutte queste tipologie. Comunque quello che importa è rilevare come, in questo momento storico, l’aspetto “impiegatizio” momentaneo offerto dall’evento, pare addirittura superare il mito dell’apparire. In passato e in situazioni anch’esse economicamente sfortunate, la conquista del cestello delle comparse di Cinecittà è sempre stata praticata. Tuttavia, era sempre legata anche a un’inconscia speranza di essere notati, e qualcuno c’è riuscito. Questa volta la situazione sembra diversa.

Nei servizi dei vari tg è apparsa una marea di persone. A fare la fila c’erano individui dalle diverse età, culture, look, gusti. Interrogati sulla ragione della loro presenza, i più non hanno avuto alcuna esitazione a citare la mancanza di lavoro come principale imput. Alcuni ispiravano particolare simpatia. Quando l’addetto alle foto li metteva in posa, le aspiranti comparse sfoggiavano il loro miglior sorriso e si tiravano la giacca, come se l’essere scelti o meno dipendesse dal baluginio dei denti o dalla tiratina al capo di vestiario. Insomma, per un duro pretoriano di Roma nessuno si aspetta il sorrisino della prima comunione, o sì? In ogni caso, la partecipazione è veramente notevole. Quindi, per quanto limitato, un aiuto all’Italia dei disoccupati verrà dal mai dimenticato Ben Hur. Ben Hur ci salverà. Fin dove può.

La versione originale di quest’opera risale al 1959; il film fu vincitore di ben 11 premi Oscar. Ovviamente il remake si avvale di una nuova sceneggiatura, scritta da John Ridley. In estrema sintesi il film tratta della Gerusalemme in cui Ben Hur cresce. In seguito, quando la città è conquistata dall’Impero romano, Ben Hur incontra Gesù e si converte al Cristianesimo. Il nuovo Ben Hur sarà Jack Huston. Alla regia troviamo invece Timur Bekmambetov. Nel cast ci sarà anche l’ottimo Morgan Freeman. Tutto questo sarà possibile grazie e consequenziale alla pubblicazione del decreto ArtBonus, con un investimento di ben 150 milioni di euro da parte di Paramount e Metro Goldwyn Mayer. Mimmo Parisi, cantautore appassionato oltre che di musica anche di film validi, ha commentato che, quando l’opera sarà disponibile per la visione, “Molti ragazzi  che hanno apprezzato Il Gladiatore di Massimo Decimo Meridio, sicuramente troveranno in Judah Ben Hur un altro eroe collegato alla Roma dell’Impero e dei mantelli purpurei”. Non secondario, ha aggiunto il cantante rock, “Questo principe ebreo, tradito dal suo amico d’infanzia Messala, si sta mostrando insperato datore di lavoro”.

Massimo Albertini. giornalista web

James Bond ha un avversario

Il fortunato personaggio lanciato da Fleming il secolo scorso, avrà una nuova possibilità e l’avrà in Italia. Infatti, è notizia abbastanza recente, il Bel Paese ospiterà la troupe cinematografica e tutto quello che concerne il remake di un film su James Bond.  Questo vorrà dire capitali investiti in terra italica. Sicuramente è una delle poche notizie che provano a tirare su il morale della Nazione in ginocchio. Tuttavia, anche ad essere forzatamente positivi, nell’anno nuovo James Bond potrà poco contro l’agente Jobs Act.A gennaio, così pare, questo nuovo “agente” entrerà in azione. Niente corse con macchine speciali o tentativi di salvare il pianeta da qualche bomba atomica. Se niente si opporrà, il Jobs Act farà sparire con un colpo di spugna il cnl,il contratto nazionale del lavoro. È probabile che la cosa riesca, visto che Act non può disubbidire al suo capo diretto, Matteo Renzi, suo creatore.

Ma quando è iniziata la decadenza del cnl? Già dal 1990 la parte di reddito destinata ai lavoratori ha iniziato ad assottigliarsi. Da quel fine millennio la quota è diminuita di circa 7 punti, dal 62 per cento al 55. Nel giugno 2011 e nel novembre 2012, tale esito nefasto ha ricevuto ulteriore forza dagli accordi interconfederali, anche se bisogna riconoscere che la Cgil non ha firmato. Quindi la funzione storica del cnl, ovvero la difesa della quota salari sul Pil, stante così i fatti, nel nuovo anno cesserebbe. Per mano di Jobs Act, l’agente con licenza di cancellare il cnl. Ora, lo capirebbe chiunque, se il denaro si sposta dal lavoratore, è perché raggiunge altri lidi. Più precisamente va a rimpinguare, ad esempio, il top manager che gode di maggiori introiti. Tuttavia, non è la stessa cosa il denaro in tasca ad uno o a tanti.

Il problema è che, in un organismo economico, duecento operai rappresentano una domanda, appunto, di duecento; uno rappresenta il consumo di uno. Non ci vuole molto per capire dove vuole andare a parare questo punto di vista: alla contrazione della domanda interna. Jobs Act in azione significherà non solo impari livello tra classe possidente e lavoratori, ma anche differenza all’interno di quest’ultimi. Infatti gli accordi sindacali locali permetteranno alle imprese uno spazio operativo che per forza creerà squilibri stipendiali. Nel 2013 la soglia della povertà relativa è stata fissata in circa 1.300 euro per una famiglia di tre persone. C’è il pericolo che la soglia si abbassi di più. Ovviamente, col Jobs Act agente, le imprese che vanno bene e quelle che arrancano creeranno differenze stipendiali.

Si attuerà una reazione a catena, verosimilmente: alle disuguaglianze stipendiali tra azienda e azienda, seguiranno le differenze territoriali. Il Jobs Act è un incognita: i bassi salari rischiano di danneggiare l’economia ostacolando la modernizzazione delle imprese. La ricerca e lo sviluppo, in Italia, non segnalano un Paese proiettato verso il futuro. Fin dagli anni ’90 gli investimenti in questo senso ammontano a un afflitto zero virgola qualcosa. Senza contare l’età delle strutture che doppiano quelle presenti negli altri Stati europei. Le imprese italiane non sono sfavillanti, anzi. Senza giri di parole, rischiano di essere le ultime della classe. Ma qui entra in azione Mr. Jobs Act: offre loro la possibilità di conservare questo status.

Il fatto è che, là dove la legge permetta alle imprese di forgiare salari su misura, ovvero da lavoratore povero, quattro imprese su cinque tenderanno a farlo. Ancora, non è verosimile che spendano soldi in ricerca, né in sviluppo o investimenti. Di impianti rinnovati non se ne parla nemmeno: insomma l’aumento annuo della produttività del lavoro, che è strettamente collegato ai punti appena citati, resterebbe nelle vicinanze dello zero.

Diego Romero, webber

Il talento di Jeff

Jeff Buckley
 Jeff Buckley stava per diventare un mito con un solo disco, Grace, destinato a rimanere uno dei capolavori degli anni ’90, quando una morte assurda lo portò via. Ma tutta la sua vita è segnata da un destino negativo.
 
Jeff Buckley 

Jeffrey Scott Moorhead nasce il 17 novembre 1966 a Orange County, da Mary Guibert (riconiugata con Ron Moorhead) e da Tim Buckley. Suo padre, uno dei più grandi cantanti e compositori della storia del rock, iniziava proprio in quel periodo la sua carriera, incidendo il primo disco e separandosi, dopo poche settimane, dal piccolo Jeff e da sua madre. Tim morì per overdose all’età di 28 anni, entrando nella leggenda della musica americana e trascinando suo malgrado il figlio, che vide per la prima volta poche settimane prima di morire, inconsapevole di un destino altrettanto avverso che si prospettava anche per Jeff.

A 17 anni Jeff forma il suo primo gruppo, gli Shinehead, a Los Angeles. Nel 1990 ritorna a New York e con l’amico Gary Lucas costituisce i Gods & Monsters. Ma i dissidi interni portano il progetto ben presto al fallimento. Jeff Buckley inizia allora una carriera solista suonando nel circuito del Greenwich Villane e rendendosi noto soprattutto per la partecipazione al concerto tributo in onore del padre, di cui interpreta “Once I Was” (da “Goodbye and Hello”). Le sue prime esibizioni avvengono in un piccolo club dell’East Village di New York chiamato Sin-E’. Nel 1993, dopo alcuni anni di gavetta, Jeff ha la possibilità, tramite la Columbia, di registrare il suo primo disco, inciso dal vivo, proprio nel “suo” club. Live at Sin-E’, contiene solo quattro pezzi, due dei quali sono cover, una di Edith Piaf e l’altra di Van Morrison, e due suoi pezzi, “Mojo Pin” ed “Eternal Life”.

Per promuovere il disco Jeff e la sua band partono per una tournée nel Nord America e in Europa. Visto il discreto successo, la sua casa discografica avvia una campagna promozionale per il suo primo disco completo Grace, pubblicato negli Usa nell’agosto del 1994. Nell’album si rivela tutto il talento di Jeff: la sua voce invocante sembra prendere coraggio per strada, finendo in un crescendo, intenso e doloroso. I testi – veri tormenti dell’anima e del profondo — pescano nel repertorio del padre Tim, ma anche di Bob Dylan, Leonard Cohen e Van Morrison. Il lavoro contiene dieci tracce: tre composte da Jeff, due in collaborazione con l’amico Gary Lucas, una con Michael Tighe e una con Mick Grondahl e Matt Johnson, più tre cover, tra le quali, da brivido, la meravigliosa “Halleluja” di Cohen.

Nell’album, Jeff Buckley suona chitarra, harmonium, organo e dulcimer, accompagnato da Mick Grondahl al basso, Matt Johnson alla batteria e percussioni, Michael Tighe e l’amico Gary Lucas alle chitarre. Grace risulta davvero un’opera carica di grazia, eseguita da un gruppo di tutto rispetto, con pezzi che esaltano le doti vocali di Jeff (in particolare le altre due cover, “Liliac Wine”, “Corpus Christi Carol”) tali da raggiungere una struggente intensità. Il canto di Buckley parte piano, modulando le inflessioni nello stile dei folk-singer, ma finisce sempre in un crescendo drammatico e “mistico”, lambendo blues e gospel. Uno stile ad effetto, che lascia senza fiato in ballate come “Lover”, “Ethernal Life” e “Dream Borother”, oltre che nella struggente title track. Musicalmente, sono il tintinnio della chitarra di Gary Lucas e i soffici sottofondi delle tastiere di Buckley a esaltare il senso di religiosità dei brani (meta’ dei quali sono di ispirazione liturgica). Arrangiamenti eleganti, a volte sinfonici, in bilico tra folk e rock, pop e soul, si combinano bene con l’esile trama delle melodie.

Nel 1997 viene avviato il progetto per la realizzazione del nuovo disco My sweetheart the drunk, che uscirà postumo, in una veste piuttosto grezza e visibilmente incompleta, con il titolo di Sketches (for my sweetheart the drunk).

La notte del 29 maggio l’artista si reca con un amico a Mud Island Harbor (Tennessee), dove decide di fare una nuotata nel Mississippi e si getta nel fiume completamente vestito. Qualche minuto più tardi, forse travolto dall’ondata di una nave, sparisce tra le acque. La polizia interviene immediatamente, ma senza risultati. Il suo corpo viene ritrovato il 4 giugno, vicino alla rinomata Beale Street Area. Aveva solo 30 anni. Le indagini stabiliranno che il musicista non era sotto l’effetto né di droghe né di alcol.

Nel 2000, la Columbia, dietro la supervisione di Michael Tighe e della madre di Jeff, pubblica Mistery White Boy, una raccolta dal vivo, e Live in Chicago (su dvd e vhs), concerto del 1995, registrato al Cabaret Metro di Chicago. Nel 2001, esce invece Live à l’Olimpya, ritratto del giovane Jeff nella sua Parigi, contenente brani del primo disco e qualche cover.

Emerso dal circuito folkie e bohemien newyorkese, Jeff Buckley si è dimostrato musicista di razza nonché musa ispiratrice di molti artisti rock, anche in epoca recente. Seppur meno geniale del padre, ha saputo in qualche modo tramandarne lo spirito fragile e disperato, rivelandosi uno dei “personaggi” di culto del decennio Novanta.

 
Gloria Carter, webber

Schiavone, chitarrista e autore

Luigi Schiavone nasce a Roma l’8 settembre 1959, unico figlio maschio, con tre sorelle (tutte con la passione per la musica). Fin da piccolo, dimostra il suo interesse per la musica e grazie a un regalo del padre, una chitarra, inizia a strimpellare da autodidatta lo strumento che diventerà poi il suo strumento ‘principe’.

Dagli inizi al Punk: i Kaos Rock

Dopo aver suonato come chitarrista in alcune band scolastiche, entra nei Kaos Rock, band molto conosciuta nell’underground milanese della fine anni ‘70, che aveva come base il centro sociale ‘Santa Marta’; la band aveva partecipato allo storico concerto del giugno ’79 dedicato a Demetrio Stratos appena scomparso (documentato dal doppio LP 1979 – Il Concerto – Cramps); Luigi nel 1980 pubblica con i Kaos Rock due 45 giri e il mitico album W.W. 3 per la storica etichetta Cramps.

Periodo post punk – Enrico Ruggeri


La fine dei Kaos Rock coincide con il periodo in cui Enrico Ruggeri lascia i Decibel ed è alla ricerca di nuovi collaboratori. Si ricorda del magro chitarrista Luigi Schiavone, che frequenta le stesse sue  amicizie ed ecco che nel 1981, quando inizia a lavorare al suo primo album da solista, decide di coinvolgere Luigi che in quel periodo lavora in un negozio di elettrodomestici. Il primo disco di Ruggeri, Champagne Molotov viene così principalmente registrato di notte per far sì che anche Luigi possa partecipare. Nasce così in quel periodo la coppia Ruggeri-Schiavone, che tanti successi porterà negli anni successivi. È di questi anni il primo brano composto da Ruggeri-Schiavone, Non finirà che vedrà la luce solo nel 1986 nel disco Enrico VIII.

Polvere e gli Champagne Molotov, passando per Sanremo

Il primo disco prodotto della coppia Ruggeri-Schiavone non ha un grande riscontro di vendite, ma è il preludio al disco successivo di Ruggeri, Polvere (1983), il cui brano trainante, che dà il titolo all’album, ha la musica composta proprio da Luigi, e permette a Ruggeri di iniziare a farsi conoscere al grande pubblico; con questo LP nasce anche il nucleo storico degli Champagne Molotov: Luigi Schiavone e Renato Meli (che proveniva dai Jo Squillo Eletrix, band del giro Kaos Rock). In questi inizi Luigi collabora a qualche progetto dance in cui Enrico è coinvolto, fra cui il primo disco di Den Harrow.

Si arriva così al 1984, anno in cui oltre alla collaborazione classica con Enrico Ruggeri, Luigi pubblica C’è la neve, il primo 45 giri degli Champagne Molotov, band che accompagna Ruggeri in tour ed è composta nella line-up definitiva da: Luigi Schiavone (chitarre), Renato Meli (basso), Stefania Schiavone (pianoforte), Alberto Rocchetti (tastiere) e Luigi Fiore (batteria). La band, oltre a proporre i due brani del 45 giri nel tour di Enrico, partecipa al Festivalbar dove si afferma vincendo il Disco Verde, riconoscimento assegnato al miglior artista giovane, e che li vede esibirsi nella finale all’Arena di Verona, in una performance di grande impatto. Nel 1985 gli Champagne Molotov partecipano al Festival di Sanremo, nei giovani, con il brano (sempre composto tra l’altro da Luigi) Volti nella noia. Purtroppo il brano, di non facile presa al primo ascolto, non permette agli Champagne di accedere alla serata finale.

Negli anni seguenti Luigi e gli Champagne Molotov continuano ad affiancare Enrico in tour e in studio, contribuendo al successo e al sound di Enrico, soprattutto grazie al suono caratteristico di Luigi che inizia a essere considerato fra i migliori chitarristi italiani.

Nazionale Cantanti, Premio della critica e produttore.

Nel 1986 Luigi e gli Champagne Molotov partecipano al tour Confusi in un playback-Live di Ruggeri-Locasciulli (durante questo tour, il 24 gennaio 1986, Luigi ha la gioia di diventare padre per la prima volta con la nascita di Giuseppe, seguita qualche anno più tardi, il 16 gennaio del 1990 dalla nascita di Chiara). Nel 1987 al Festival di Sanremo, mentre Ruggeri si afferma insieme a Morandi e Tozzi con il brano Si può dare di più (il lato B del 45 giri, venduto in tutto il mondo, vede un brano composto da Luigi, La canzone della verità), il duo Ruggeri-Schiavone come autori ottiene il prestigioso riconoscimento ‘Premio della critica’ con la canzone Quello che le donne non dicono cantata da Fiorella Mannoia.

Dopo il fortunato e ‘all sold-out’ tour documentato nell’album Vai RRrouge, in cui Enrico e gli Champagne Molotov sono accompagnati dall’Orchestra Filarmonica di Alessandria, Luigi mette ancora più in risalto le sue dote chitarristiche, soprattutto nel tour estivo dello stesso anno, in cui le sonorità rock la fanno da padrone (ricordiamo la cover dei Deep Purple Highway star). Il tour si conclude nel settembre del 1987 con un sold-out di altri tempi al Palatrussardi di Milano.

In questi anni Luigi entra anche a far parte della Nazionale Cantanti, come portiere.

Nel 1988 Luigi è impegnato per la prima volta in veste di produttore: infatti è in sala per il primo disco della rock-band italiana Sharks dal titolo Notti di fuoco. Negli anni seguenti produrrà il disco di una rock band milanese, i Black Rose Kingdom.

Con l’album di Enrico La parola ai testimoni (in cui Luigi ‘scopre’ il computer) e il successivo tour, arriva la fine del periodo Champagne Molotov: infatti, con la fine del 1988, la band si scioglie.

Gli anni 90: gli album da solista, nuove collaborazioni e il progetto Sinergia.

Negli anni 90, oltre a continuare la collaborazione con Enrico Ruggeri come autore, arrangiatore e musicista, sia in tour che in studio (sono gli anni dei grandi successi di vendita de Il falco e il gabbiano e di Peter Pan), Luigi dà vita anche al suo progetto solista. Infatti, nel 1991 pubblica per la CGD il suo primo album La spina nel fianco in cui inizia, timidamente, ad apparire oltre che in veste di autore e musicista, anche in veste di cantante. Il disco, composto da brani di alto livello compositivo, ottiene un discreto successo di pubblico, grazie anche a canzoni quali Prima del temporale (cantata da Enrico Ruggeri, e fino a quel momento ancora inedita) e Pellerossa (in cui Luigi canta con Enrico e Massimo Riva).

Segue poi il disco Animale(1993) dove Luigi dimostra di aver maggior padronanza con il cantato; l’album ottiene un buon successo, grazie al video e alla promozione, partecipando al Cantagiro di quell’anno con il singolo Animale.

Il 1993 è stato anche l’anno del trionfo di Ruggeri al festival di Sanremo con la canzone Mistero: Enrico ha voluto condividere questo successo con il suo amico-collaboratore di sempre, Luigi, che è sul palco dell’Ariston a suonare la chitarra; il sorriso di Luigi nell’esecuzione del brano dopo la proclamazione di Baudo, dimostra come quella fosse anche una sua vittoria. Luigi accompagna Enrico anche all’Eurofestival dello stesso anno, viaggiando fino in Irlanda in automobile, data la sua avversione per gli aerei.

Nel 1994 Luigi, per la prima volta, pubblica un brano senza il testo di Enrico Ruggeri, nel disco del Progetto Sinergia, super-band composta da Luigi, Antonio Aiazzi (Litfiba,) Fabrizio Palermo (Sharks, Clandestino), Lio Mascheroni e Pino Scotto (ex Vanadium). In questi anni partecipa anche al tour europeo di Marco Masini.

Gli anni ’90 si concludono con il terzo disco di Luigi come interprete. L’album s’intitola III ed è il più rock dei tre dischi, ma anche il meno fortunato nelle vendite (nel CD troviamo una cover di Tom Waits e una di Billy Idol).

Il nuovo millennio: Ruggeri, Riff raff e la Notte delle Chitarre.

Luigi continua, anche nel nuovo millennio, a collaborare con Enrico Ruggeri, dando vita a uno dei sodalizi più longevi della musica: inizia ad avvicinarsi anche a nuove sonorità, al jazz, al folk, grazie anche ai nuovi musicisti che sono entrati nella band di Ruggeri in tutti questi anni, ove Luigi è rimasto l’unico punto fermo.

Gli ultimi anni vedono Luigi fondare la cover band Riff-Raff, tributo agli AC-DC perfettamente riuscito secondo il cantautore Mimmo Parisi che li ha ascoltati  e apprezzati, con la quale suona per qualche anno per puro diletto; inoltre Luigi è uno dei chitarristi che partecipano, in giro per l’Italia, alle serate La notte delle Chitarre, insieme a Maurizio Solieri , Cesareo, Ricky Portera, Max Cottafavi, Luca Colombo, Mario Giuseppe Scarpato e Fabrizio Consoli.

Nuove avventure e progetti musicali attendono Luigi nei mesi che verranno, prima tra tutte l’uscita del suo nuovo CD, 16 steps to the sky, il suo primo lavoro interamente strumentale.

Ricordiamo che in tutti questi anni Mr Guitar Man, insieme a Enrico Ruggeri, ha composto brani per tantissimi interpreti, fra i quali Fiorella Mannoia, Gianni Morandi, Anna Oxa e Loredana Bertè. Inoltre come musicista, ha suonato nei dischi di Gianna Nannini, Clandestino, Spagna, ecc ecc…

Do l’anima, nuovo cd per Fortis

Alberto Fortis, il 15 ottobre è stato presso la libreria Feltrinelli di Bologna, in piazza Ravegnana. Qui l’artista ha segnalato, nella sua presentazione, che erano ben 9 anni che non presentava brani nuovi. Infatti, la sua ultima vera fatica discografica risale a “Fiori sullo schermo futuro”, poi, 6 anni fa è stata la volta della raccolta “Vai protetto” e, infine, il live “Annapolis”.

Con questo cd, titolato “Do l’anima”, Alberto Fortis celebra 35 anni di carriera artistica, una celebrazione che da un punto di vista temporale gli è costato un periodo di tempo piuttosto lungo: quattro anni. Quattro anni che hanno dato come frutto 40 canzoni che il Nostro, in due mesi di scrematura, ha suonato e selezionato fino ad arrivare al numero giusto per questo cd di inediti; ecco i titoli:

Alla mia maschera 0:54

Tu lo sai (feat. Biagio Antonacci) 4:36

Mi fa strano (feat. Roberto Vecchioni) 4:40

Do l’anima 4:07

Infinità infinita 4:56

Aldilà 3:56

È Semplice 4:06

L’Attimo 4:05

Suzy 4:23

Principe 5:03

Buonamore 6:12

A dare lustro straniero a tutto l’insieme, cosa già invalsa da alcuni anni nel mondo della musica, c’è il chitarrista e arrangiatore americano Carlos Alomar che vanta collaborazioni prestigiose come, ad esempio, quella con Mister David Bowie. La produzione finale si avvale, oltre che dello stesso Alberto Fortis, di Lucio Fabbri. La copertina è emblematica: Fortis si toglie la maschera svelando sostanzialmente niente, visto che sotto il nascondimento nasconde… niente! Segnale, questo, che l’artista è un individuo sincero e che si propone per quello che è.

Hanno collaborato a “Do l’anima”, inoltre Biagio Antonacci e Roberto Vecchioni. Alla presentazione bolognese è intervenuto anche il cantautore bolognese Mimmo Parisi che oltre a portarsi a casa l’autografo di un collega che ha sempre ammirato, ha ricordato che nel 2010 ha fatto una cover di uno dei più popolari brani di Alberto Fortis, “Settembre”.

Do l’anima” è un titolo programmatico: ‘do’ e ‘la’ sono già musica, sono già note che si librano nell’aria ottobrina. I testi di questo album hanno il sapore e il valore dei suoi primi tempi artistici. I temi trattati danno importanza alla quotidianità, anche se guarnita di veli che sembrano non voler svelare tutto. In fondo è il segreto delle canzoni d’autore quella di lasciare che la luce non batta su tutto il paesaggio sonoro e poetico.

Il cantante, oltre alla presentazione del 15 ottobre alla Feltrinelli di Bologna, ha pianificato un vero mini tour per annunciare la buona novella: Milano e Torino (8 e 9 ottobre), alla Feltrinelli di Genova il 10 ottobre (Via Ceccardi 16 – ore 18.00), poi il 16 ottobre a Roma (via Appia Nuova 427 – ore 18.00). E’ il caso di ricordare che Alberto Fortis, da cantante schietto e spontaneo, promuove il suo lavoro non solo con illustrazioni verbali e ascolto del cd, ma, cosa veramente lodevole, anche accennando la melodia con voce a cappella. Su consiglio di Lucio Fabbri, la linea portata avanti da Alberto in questo nuovo lavoro è stata quella di privilegiare la melodia su tutte le altre sue indubbie capacità compositive. L’album è stato pubblicato il 30 settembre e presentato ufficialmente il 6 ottobre, al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano (Via Rivoli, 6).

 

 
 

Copertina di Alberto Fortis Quando un cantautore è davvero… Fortis!

Sulle Onde(r) dell’addio

 

Onder ha detto addio a Medicina 33. Visti i tempi grami nel quale si dibatte la nazione Italia, nonché quella buona parte del mondo civile che dipende da una economia gravemente deficitaria, il passaggio di consegne da Luciano Onder ad un’altra conduzione del popolare programma, porterebbe verso la boutade del sottotitolo. Insomma qualcosa bisogna risparmiare. E’ già da qualche tempo che la notizia di Onder, orfano di Medicina 33, occupa supporti cartacei o virtuali. Parte da qui il tentativo da parte di chi scrive a segnalare con un 32 quel che rimane di Medicina 33, il programma post prandiale del post prandiale, per antonomasia e tradizione di lungo corso, appunto, ottimo Luciano Onder; il quale, tra l’altro, è dotato di un cognome che fa rima baciatissima con ‘stupore’, in inglese ‘wonder’.

Stupore per cosa poi? Sicuramente per il garbo d’altri tempi e per il conforto che il presentatore regala col tono della sua voce, pur trattando di patologie. Onder, quindi, come la speranza fatta conduttore e portatore di buone nuove sui farmaci che tolgono i malanni a chi ascolta mentre beve il caffè davanti alla tv. Al suo posto c’è già una curatrice del suo (ex) programma che sicuramente e senza dubbio, sarà brava. Tuttavia, Medicina 33, senza Onder, sarà per forza Medicina 32: si vuole almeno dare a questo signore il valore di 1? Quindi non si scappa, 33 meno 1 fa 32.

Quali i motivi dell’allontanamento dell’ottimo giornalista? Il direttore generale Rai Luigi Gubitosi hai reso noti i motivi che hanno portato al fine rapporto, nonchè al licenziamento del giornalista e conduttore televisivo dal Servizio Pubblico, citando limiti di età raggiunti (Onder ha 71 anni), e inoltre, l’asservimento a una legge che vieta la riassunzione di ex dipendenti Rai. Infatti, già in passato, il presentatore di Medicina 33 era stato dispensato dalla cura del programma e licenziato. In un secondo tempo, poi, fu riassunto con la titolazione di consulente esterno; lo stipendio assegnatogli in questa nuova veste era di cinquecento euro al mese: il suo compito consisteva nel produrre almeno quattro puntate del suo salottino medico-scientifico per la Rai.

Luciano Onder era andato in pensione nel 2008. Nel 2002, invece, era stato eletto vice del TG2 da Mauro Mazza, che allora era direttore. Quindi, ora, siamo all’ennesimo licenziamento. Tuttavia, questa volta, non è detto però, che la Rai possa non risentirne per il licenziamento del conduttore. Ci sono casi simili al suo che hanno visto perdenti quei dirigenti Rai che avevano appoggiato i licenziamenti. Quest’ultimi dirigenti, poi, sono stati forzati, dal giudice competente, a reintegrare ad esempio, Milo Infante, popolare giornalista e conduttore tv. Infante aveva protestato e fatto causa al Servizio pubblico perché, secondo il suo punto di vista, in una conduzione tv, era stato messo all’angolo su Rai Due. Milo ora, sempre su Rai 2, e dal 9 settembre conduce Senza peccati, un nuovo programma.

Ritornando ad Onder, pare che da Mediaset siano arrivate delle proposte. Così segnala Il Secolo XIX che riporta l’indiscrezione sul presentatore tv di Rai Due: “Mediaset – scrive il quotidiano – sarebbe già pronta a offrirgli una nuova collaborazione”. Al posto di Onder, ora, c’è Laura Berti. Non si sa se sia lei il professionista segnalato da Dagospia, il quale parlava di un contratto da 400.000 mila euro l’anno, che non è certo una cifra da spending review. Comunque sia, l’indiscrezione è partita qualche giorno fa, proprio da Dagospia, il noto blog di Roberto D’Agostino.

U2 e le loro “Songs Of Innocence”

Una vera rivoluzione nell’ambito dell’industria musicale. Perché qui non si tratta di un gruppo emergente ma della band più famosa del mondo, che “regala” il suo nuovo album per un mese abbondante a 500 milioni di utenti, facendo così di “Songs Of Innocence” il disco con la ampia diffusione mai avuta.

Foto 5E In quanto a Bono e soci, il ritorno oltre che di immagine è anche economico, dal momento che al di là dei ricavi futuri sulle copie delle varie special edition che verranno fatte del lavoro, a monte c’è un accordo con Apple di quelli importanti. Qualcuno sostiene che sia un accordo di due anni, che potrebbe riguardare anche iniziative future, forse anche la sponsorizzazione di un tour. Ma su questo non ci sono conferme. Sicuramente Bono ha fatto sapere che questo è solo “il primo tassello di una collaborazione che trasformerà il modo in cui la musica è ascoltata e vista”.

Il 13 ottobre uscirà sia la versione fisica standard che il vinile e una versione tradizionale deluxe che conterrà una sessione acustica di brani selezionati dall’album più quattro canzoni inedite. Anche la copertina sarà diversa. L’album, registrato a Dublino, Londra, New York e Los Angeles, è stato prodotto da Danger Mouse, Paul Epworth, Ryan Tedder, Declan Gaffney e Flood e stilisticamente incrocia le primissime influenze musicali della band, dal rock e punk-rock anni 70 alla prima elettronica e musica ambient anni 80.

Foto Afp

L’autunno 2014 porterà con se anche i lavori di Gianluca Grignani, Mimmo Parisi & Marco Ligabue, i quali hanno fatto girare i loro singoli nella bella stagione come avamposti pentagrammati ad annunciare, per l’appunto, i cd post estivi. L’album di Mimmo Parisi, dopo ripensamento, si chiamerà “Questa non è la mia guerra”, in perfetto stile battagliero/combat rock come, già da qualche tempo, questo cantautore bolognese ci ha abituati.

Album in studio di Mango

(Da http://www.rockol.it/news-604389/mango-nuovo-album-l-amore-e-invisibile-intervista)

Sarà consegnato al mercato il prossimo 27 maggio il nuovo album in studio di Mango, “L’amore è invisibile”. Il disco è il secondo capitolo del viaggio alla riscoperta dei classici della canzone d’autore che Mango ha intrapreso, nel 2012, con il precedente “Acchiappanuvole” e contiene dieci… Leggi tutto

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Mango presenta 'L'amore è invisibile': 'Un caleidoscopio di intenzioni musicali'

 
 

Mango presenta ‘L’amore è invisibile’: ‘Un caleidoscopio di intenzioni musicali’

Sarà consegnato al mercato il prossimo 27 maggio il nuovo album in studio di Mango, “L’amore è invisibile”. Il disco è il secondo capitolo del viaggio alla riscoperta dei classici della canzone d’autore che Mango ha intrapreso, nel 2012, con il precedente “Acchiappanuvole” e contiene dieci reinterpretazioni di classici italiani ed internazionali, in aggiunta di tre brani inediti tra cui “L’amore è invisibile”: “Il disco prende il titolo proprio da questo brano, che riesce a racchiudere in sé l’intero significato di questo lavoro, una sorta di percorso senza punto d’arrivo”, spiega Mango a Rockol, “L’amore è invisibile perché è una continua ricerca, non è qualcosa di stabile: è la ricerca di un’appartenenza, un concetto molto importante per capire questo mio ventunesimo album in studio. Ecco, se c’è un filo conduttore che lega tra loro queste tredici canzoni è proprio la necessità dell’appartenere a qualcosa, a tutto quello che ci circonda in un determinato momento. E’ un tema interessante, che dal particolare si estende fino all’universale”. A detta dello stesso cantautore, “L’amore invisibile” può essere definito come un “caleidoscopio di intenzioni musicali, un dipinto cubista nel quale si abbracciano De André, i Beatles, Pino Daniele, gli U2, Battisti”; il tema dell’abbraccio emerge già dalla copertina del disco, come ci fa notare proprio Mango: “Tra i tanti progetti che mi sono stati presentati dall’artista che ha curato il booklet del disco, ho voluto scegliere questo – che ritrae due persone nel momento in cui si abbracciano – perché mi apparteneva di più e perché mi ha trasmesso lo stesso senso di calore che mi hanno trasmesso le canzoni che ho voluto reinterpretare in questo disco”.

 

“L’amore è invisibile” è prodotto dallo stesso Mango insieme a Rocco Petruzzi e Carlo De Bei, è stato registrato presso gli Isola Studios di Milano e missato presso gli Alari Park (Cernusco sul Naviglio, nella provincia milanese): “Non si tratta di un semplice album di cover”, ci tiene a a sottolineare la voce di “Lei verrà”, “ma di un vero e proprio album in studio di Mango. Mi sono approcciato a questi dieci brani cercando di coglierne il significato più profondo, il cuore; l’ho fatto svestendoli di tutto, con l’obiettivo di riuscire a rivivere la stessa emozione che hanno provato gli autori al momento della loro scrittura. Una volta colto il senso ultimo di ogni canzone, ho cominciato a rivestirla con abiti diversi rispetto a quelli originali: sono partito, insomma, da un’interpretazione soggettiva di ognuno di questi brani che poi si è tramutata in una reinterpretazione degli stessi. Sarebbe interessante poter far ascoltare agli autori di queste canzoni le mie reinterpretazioni, per scoprire cosa ne pensano del lavoro”. Il rischio di apparire, agli occhi del pubblico, come un semplice disco di cover, tuttavia, è molto alto (vista anche la popolarità dei brani che compongono la tracklist de “L’amore è invisibile” – si va da “Amore che vieni, amore che vai” di Fabrizio De André a “One” degli U2, passando per “Fields of gold” di Sting e “Scrivimi” di Nino Buonocore) e Mango ne è consapevole, ma sembra non curarsene più di tanto: “E’ vero, potrebbe succedere che il pubblico scambi questo album per un qualunque album di cover, ma non capisco perché dovrebbe farlo. So bene che il disco contiene brani già molto noti al pubblico, ma questi sono stati rivisitati in versioni totalmente inedite, nuove, quasi come se si trattasse di inediti”.

Per l’autunno o per fine estate, inoltre, si attende il nuovo album del cantautore Mimmo Parisi il quale, insieme a Marco Ligabue e Gianluca Grignani, ha licenziato come assaggio della nuova produzione, un singolo che, nel caso di Parisi, si chiama Dammi una mano.
(Sotto, un’immagine di Mimmo Parisi)
 
 

La rivelazione Dear Jack

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Svelata la tracklist del disco dei Dear Jack: 8 canzoni in “Domani è un altro film”Dear Jack pronti al rilascio dell’album d’esordio: svelata la tracklist.

2 maggio 2014 di Cinzia Del Prete
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Le canzoni incluse nel disco d’esordio dei Dear Jack saranno in tutto 8, incluso il primo singolo Domani è un altro film, lanciato ad Amici di Maria De Filippi e presentato per la prima volta nel corso del quinto serale.
Il disco d’esordio della band dei Dear Jack, capitanata dal giovane Alessio, uscirà su etichetta Baraonda e conterrà 8 tracce delle quali è stato divulgato il titolo.

Il CD si apre con Domani è un altro film, la traccia che già conosciamo e che vanta la firma di Piero Romitelli e la produzione di Francesco Kekko Silvestre dei Modà. Sfumata l’ipotesi Sony Music: l’appoggio da parte di Alessandra Amoroso non significa che il gruppo faccia parte della sua stessa etichetta discografica.

La seconda traccia inclusa si intitola Ricomincio da me e poi c’è Irresistibile, seguita da Anima gemella. La quinta traccia si intitola Wendy e poi abbiamo Esisti solo tu e La pioggia è uno stato d’animo. Ultima traccia, ottava canzone del disco d’esordio dei Dear Jack, è Una lacrima.
I titoli dei brani hanno rapidamente fatto il giro del web: tanta è l’emozione di conoscere le canzoni esatte che andranno a comporre il primo disco del gruppo più amato di Amici 13 e ancor più forte è quella di poterlo acquistare tra pochi giorni, il 6 maggio. Altre notizie arrivano dal fronte bolognese. Qui, per l’autunno o per fine estate, si attende il nuovo album del cantautore Mimmo Parisi il quale, insieme a Marco Ligabue e Gianluca Grignani, ha licenziato come assaggio della nuova produzione, un singolo che, nel caso di Parisi, si chiama Dammi una mano.

Hi John!

Fogerty John, in arte CCR

Fogerty John, in arte CCR

 

20/08/2014  |  News di Mimmo

Di Michele Primi
Ha invocato la pioggia di Woodstock e alla fine è arrivata. John Fogerty, 69 anni portati con grinta, capello tinto, voce intatta e camicia di flanella blu (in vendita nel merchandising), una raffica di chitarre Gibson, Fender e Ibanez con il volume alzato al massimo a tagliare assoli e una band di ragazzini (tra cui suo figlio Shane) che hanno imparato a suonare le canzoni dei Creedence Clearwater Revival prima di imparare a scrivere, ha rovesciato su Milano mezzo secolo di storia della musica popolare americana. Born on the Bayou, nato sul Bayou, il marchio di fabbrica delle paludi del Sud, tra Mississippi e Alabama, dove in realtà John non è nato, ma dove da sempre va a cercare le sue radici.
Come nel video di Mystic Highway dall’ultimo album del 2013 Wrote a Song for Everyone: lui a bordo di una Dodge rossa scassata in giro sulle strade dell’America profonda, tra boschi e pascoli, in mezzo ad altra gente vestita con la camicia di flanella come lui. John Fogerty in realtà è nato a Berkeley, è cresciuto nella San Francisco degli hippy e ha formato il suo spirito ribelle scappando dalla guerra in Vietnam, che lo ha lasciato vivo e con addosso solo la ferita della perdita di molti amici ed una canzone, Fortunate Son. Creedence era il suo compagno di scuola Creedence Newball, Clearwater la pubblicità di una birra, Revival tutto quello che aveva e che ha ancora da dire.
John Fogerty è figlio di quella generazione imbattibile, quella che ti fa dire “Ma come fa?”, suona con la facilità di chi non ha mai fatto altro ed è capace di far divertire chiunque, sia che si trovi davanti un raduno di cowboy del Texas che il pubblico inzuppato dell’Ippodromo di Milano. «Grazie per essere rimasti sotto la pioggia» dice dal palco. Non è mai stato qui, ma non importa. Come ha fatto il suo allievo prediletto Bruce Springsteen anni fa a San Siro sotto al diluvio (quando cambiò la scaletta per fare Who Will Stop the Rain dei Creedence), John ringrazia suonando ancora più forte: la pioggia comincia con Have You Ever Seen the Rain?, lui ha già fatto i classici Suzie Q, Green River e I Heard it Through the Grapevine e spara a raffica Down on the Corner, Up Around the Bend, Bad Moon Rising e Proud Mary, e poi se ne va. Senza aggiungere altro, perché di fronte alla storia non ce n’è bisogno.
La storia, in Italia, continua con il cantautore bolognese Mimmo Parisi. Per l’autunno, oltre alle gocce di pioggia per l’estate ormai fuori portata, aspettiamo di questo autore appassionato nuove canzoni. Come apripista conosciamo intanto le note e la storia di Dammi una mano, brano già presente sulla rete (anche con il video che possiamo vedere sul canale Youtube di Mimmo Parisi). Per quelli che, giustamente presi da attacchi di vacanzite acuta, non hanno avuto orecchi ed occhi per le novità, ricordiamo che Dammi una mano ha come tema principe, la disabilità. Soprattutto da parte di chi pensa che il mondo sia un luogo dove starsene senza essere convocati dai problemi veri.

Il rock dei cantautori italiani

Cantautori rock
Grignani, Parisi & Ligabue

Marco Ligabue, fratello del più noto Luciano, ha rilasciato il primo singolo che farà parte del cd che sarà lanciato nel post estate. La canzone si chiama “Ti porterò lontano” ed è disponibile sui principali digital store. Il brano si avvale di un videoclip diretto da Maurizio Bresciani e visibile su Youtube e realizzato negli Usa. Marco Ligabue ha dichiarato su Facebook che, in una società che vuol plagiarti, spesso gli succede di voler fuggire senza nemmeno la valigia. Il cantautore di Correggio fa notare come uno dei meccanismi che incatenano l’individuo in modo errato a questo mondo che passa il minimo sindacale, è il fatto che ‘qualcuno’ ci convinca che esista un unico colore e un unico modo di intendere la vita. Questo porta la persona ad abbassare gli occhi. Ci vuole poco però, alzando gli occhi, per rendersi conto che mille sfumature sono pronte a colorare l’esistenza.

Per il cantautore Mimmo Parisi e per la sua Stratocaster Marshalldipendente è disponibile sui digital store “Dammi una mano”, brano che anticipa l’album d’autunno che titola “La polvere del ring”.

Sul suo canale Youtube è possibile anche vedere il videoclip associato al brano. La canzone ha come tema il ‘curioso atteggiamento’, giusto per usare un eufemismo, di chi si interessa di fatti importanti usando una profonda superficialità. L’ossimoro si impone perché esistono personaggi che creano continuamente neologismi improbabili per indicare disturbi e patologie che avrebbero bisogno di altra attenzione.

Cosa c’è di inaccettabile nelle parole cieco, sordo, zoppo o altro? Questi ‘studiosi’ apparentati all’Accademia della Crusca sono dei giocolieri della parola, essi inventano termini e perifrasi pensando di poter modificare la realtà. Così, dopo gli audiolesi, sono nati i visulesi!

Le parole non possono modificare la sostanza delle cose: ciechi e non vedenti sono sinonimi e non muteranno di una virgola lo status dei fatti. Per contro, se qualcuno ha bisogno, diamoci da fare… ma per favore: non a parole! Ecco, questo è il filo conduttore della canzone “Dammi una mano” del cantautore rock bolognese Mimmo Parisi.

Io nella vita ho qualcosa da dire/ io nella vita non sono un bluff/ tu prendi il diavolo per la coda/ ma esser famosi è già fuori moda per me/ e non c’è più niente da dire/ e non c’è più niente da capire perché quando l’ostacolo è solo un nuovo gioco politico tutta la gente va in panico ed io mi agito e non mi va di essere normale“.

Queste parole appartengono invece a Gianluca Grignani, cantautore appena assurto agli onori della cronaca per lo scontro con alcuni carabinieri. La canzone è “Non voglio essere un fenomeno”, brano apripista per il cd d’autunno “A volte esagero”.

Che dire? Testo e titoli sembrano una premonizione di ciò che gli è capitato. Tuttavia e al di là della cronaca va detto che Grignani è un artista che ha fatto della sincerità la sua bandiera. Va ricordato come, tempo fa, ospite in una delle trasmissioni della De Filippi (quale? E chi lo sa… Tra amici, poste, uomini, donne, nonni ringalluzziti e talent per ogni uso ed evenienza, vai a capire quale fosse!), comunque in quell’occasione alla domanda su come cantare meglio, il cantautore rispose in modo spiazzante: “Ah, io faccio come mi viene, non sto mica lì a perdere ore”, concluse ridendo.

A conti fatti, dopo questa estate tutto sommato scarsa di sole, si preannuncia l’arrivo di un autunno di cd roventi.

Diego Romero, blogger

A lesson of circle picking

INTRODUCTION:
(Here, original article: http://circlepicking.blogspot.it/)
 
Picks are usually gripped with two fingers—thumb and index—and are played with pointed end facing the strings. However, it’s a matter of personal preference and many notable musicians use different grips. For example, Eddie Van Halen holds the pick between his thumb and middle finger (leaving his first finger free for his tapping technique); James Hetfield, Jeff Hanneman and Steve Morse hold a pick using 3 fingers—thumb, middle and index; Pat Metheny and The Edge also hold their picks with three fingers but play using the rounded side of the plectrum. George Lynch also uses the rounded side of the pick. Stevie Ray Vaughan also played with the rounded edge of the pick, citing the fact that the edge allowed more string attack than the tip. His manic, aggressive picking style would wear through pickguards in short order, and wore a groove in his Fender Stratocaster, Number One, over his years of playing. Jimmy Rogers and Freddie King had a special kind of technique utilizing two picks at once. Noted 80’s session guitarist David Persons is known for using old credit cards, cut to the correct size, angle, and thickness and using them without a tip.
The motion of the pick against the string is also a personal choice. George Benson and Dave Mustaine, for example, hold the pick very stiffly between the thumb and index finger, locking the thumb joint and striking with the surface of the pick nearly parallel to the string, for a very positive, articulate, consistent tone. Other guitarists have developed a technique known as circle picking, where the thumb joint is bent on the downstroke, and straightened on the upstroke, causing the tip of the pick to move in a circular pattern, which can allow speed and fluidity. The angle of the pick against the string is also very personal and has a broad range of effects on tone and articulation. Many rock guitarists will use a flourish (called a pick slide or pick scrape) that involves scraping the pick along the length of a round wound string (a round wound string is a string with a coil of round wire wrapped around the outside, used for the heaviest three or four strings on a guitar).
The two chief approaches to fast picking are alternate picking and economy picking. Alternate picking is when the player strictly alternates each stroke between downstrokes and upstrokes, regardless of changing strings. In economy picking, the player will use the most economical stroke on each note. For example, if the first note is on the fifth string, and the next note is on the fourth string, the pick will use a downstroke on the fifth string, and continue in the same direction to execute a downstroke on the fourth string. Some guitarists learn economy picking intuitively and find it an effort to use alternate picking. Conversely, some guitarists maintain that the down-up “twitch” motion of alternate picking lends itself to momentum, and hence trumps economy picking at high speeds.
 
CIRCLE PICKING:
 
 
First off, by holding the pick between your thumb and index finger, draw a small imaginary circle (about 1/3″ in diameter) with the tip of the pick. Make sure that you’re not moving your wrist, but just your thumb and finger…just like you were drawing the circle with a pen.
 
Next grab your guitar, choose a single string and start picking the string down and up in standard fashion by moving your wrist; floor to ceiling. As you’re picking down and up, start “drawing the circle” and you should notice that you’re now striking the string twice as many times as you were without the circle! Now practice on the other strings with scales etc., and add this to your bag of tricks!
 
You can also strum full chords using this technique by simply drawing a bigger circle. This gives you an almost harp like quality to your strum…very different sounding! You can hear Roy Buchanan himself using this technique on the song “Thank you Lord” on his album release “Roy Buchanan Second Album”.
Here Mimmo Parisi, Italian guitar player, in action

Settembre, l’uscita di ‘Lullaby And… The Ceaseless Roar’

 

La leggendaria voce dei LED ZEPPELIN, Robert Plant è in procinto di uscire con un nuovo album di inediti intitolato “Lullaby And… The Ceaseless Roar” la cui data di pubblicazione è fissata per il prossimo 9 Settembre su Nonesuch / Warner Bros. Records. Il disco è stato prodotto dallo stesso Plant è inaugurerà anche il debutto della casa discografica del cantante. L’uscita sarà composta da undici canzoni, nove delle quali sono pezzi inediti scritti da Plant e la sua band THE SENSATIONAL SPACE SHIFTERS.

I preordini sono già disponibili attraverso il sito ufficiale del cantante.

Un nome, una storia, ispirazione e guida di tanti neo-artisti e cantanti: Robert Plant.

Ognuno commemora la sua attività di musicista come meglio crede, però non si può assolutamente negare che il suo carisma l’ha contraddistinto più di qualsiasi altro pregio che quest’uomo possa avere. Con la sua ecletticità, il suo aspetto selvaggio, le pose e i suoi riccioli d’oro, ritorna in Italia dopo il sensazionale tour estivo del 2013, in tre date: 11 luglio al Pistoia Blues Festival, il 12 luglio alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma e il 14 luglio all’Anfiteatro Camerini di Piazzola sul Brenta (Padova).

A sessantacinque anni, Robert Plant non smette di comporre e sembra che abbia ancora tanto da dire e molto da insegnare alle giovani leve del rock contemporaneo. Il tour Europeo del 2014 è un omaggio alla sua carriera, ma più che altro è uno schiaffo a chi dice che ormai non gli resta che andare in pensione. Salirà sul palco con la sua nuova band dei Sensational Space Shifters per promuovere l’imminente uscita del suo ultimo album che lui stesso ha definito “un mix di urban trance music psichedelica contaminata dal Blues del Delta e dallo spirito dei Led Zeppelin”.
Non mancheranno , infatti, riarrangiamenti di celebri track del gruppo britannico pionere del rock, come Black Dog, Whole Lotta Love e Rock And Roll.

Ad aprire tutti i suoi concerti saranno i North Mississippi Allstars, band rock’n’roll con richiami blues.

Dichiarato il più grande cantante solista di tutti i tempi, Robert Plant continua ad affascinare grandi e piccoli, perché nella sua voce dal timbro rock blues, viene raccolto tutto il passato dei Led Zeppelin, che in molti ricordano con nostalgia.

Diego Romero, blogger