T. Rex, libro sul fondatore Bolan

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Libro presente al concorso letterario:
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Paul Roland
BOLAN BOOGIE
La vita e la musica di Marc Bolan e dei T. Rex
NON HO MAI AVUTO RIVALI, A ECCEZIONE DI MARC BOLAN. HO LOTTATO COME UN PAZZO PER RIUSCIRE A BATTERLO – David Bowie
Marc Bolan è stato la rockstar più celebre nell’Inghilterra post-Beatlesiana, tanto che nel 1972 gli stessi Beatles hanno apertamente riconosciuto a lui e alla sua band, i T. Rex, il ruolo di propri eredi naturali. Ma mentre tutto volgeva al meglio e Bolan era all’apice della popolarità, le cose hanno iniziato a prendere una brutta piega…
Grazie a un esaustivo lavoro di ricerca affiancato da una nutrita serie di interviste inedite ad amici e familiari di Marc Bolan, così come a membri della band, roadie, colleghi musicisti e altri personaggi che ne hanno seguito da vicino la carriera, Paul Roland narra la vita e la musica del vero progenitore del glam, il 20th Century Boy che ha saputo creare alcune delle più entusiasmanti e memorabili canzoni degli anni ’70 – Ride A White Swan, Hot Love, Get It On, Telegram Sam, Children of the Revolution e Solid Gold Easy Action, per citarne solo alcune.
In queste pagine troverete l’incredibile storia della vertiginosa ascesa al successo di Marc Bolan e il suo repentino calo di popolarità, sino al rientro sulle scene che avrebbe dovuto riportarlo ai vecchi fasti di un tempo, tragicamente interrotto dal terribile incidente d’auto in cui ha perso la vita. Un incidente che era stato previsto da Bolan stesso in maniera tanto misteriosa quanto dettagliata.

Grazie ad Adele Arcieri per aver proposto questo libro, scritto in maniera elegante e pur funzionale a rivelare la profondità di un re del rock. La scrittura di Paul Roland, del resto, è sempre all’altezza di qualunque tema.

Bob Dylan, Parisi e Romero presenti in due premi letterari

Siamo felici di ospitare ben due libri del grande Bob Dylan, “Torto marcio” e “Seeing the Real You at Last”. E questo avviene durante un gemellaggio all’insegna della cultura on line. Che dire se non altro grazie ai lettori che si dimostrano sempre all’altezza della situazione? Quindi, ragazzi, grazie infinitamente dal premio ‘NotaD’Autore2017’ e dal premio ‘ILMIOLIBRonline’! Ovviamente il nostro benvenuto va anche al libro “In nome del rock italiano” del cantautore emiliano Mimmo Parisi e all’altro coautore Diego Romero.

Per quel che riguarda “Torto marcio”, il racconto attraversa diversi strati della società milanese, dalla ricca borghesia agli sfrattati ai nuovi immigrati. A parte la ripetizione di alcuni cliché (l’israeliano cattivo, i poliziotti di Milano più bravi di quelli di Roma), si legge tutto d’un fiato. Ci sono quelli costretti a occupare le case, e se le lasciano incustodite qualcun altro gliele occupa a sua volta. Una lotta tra poveri da una parte, dall’altra i palazzi signorili della Milano bene. I due mondi si sfiorano ma non si compenetrano mai, se non con la violenza. Il colpo di scena finale della trama poliziesca non va svelato. Basti dire che comunque non si salva nessuno. Hanno tutti torto marcio, sia chi abbraccia la forza sia chi cerca di metterci una pezza.

Rock e letteratura. Due nuovi libri su Bob Dylan Articolo

Abbondano le citazioni dylaniane. Il protagonista vorrebbe un giorno scrivere un saggio su Dylan, sulla sua poetica, “il senso delle cose, il posto dell’uomo nell’universo, l’uso dell’armonica in Desolation Row, l’amore, la grande canzone americana, la frontiera” perché “del corpo dell’opera, della complessa cosmogonia dylaniana, non si era occupato quasi nessuno”.

In nome del rock italiano

Nel  bel libro di Parisi  e Romero, ci sono i nomi italiani che entusiasmano migliaia di appassionati e di semplici ascoltatori: da Alessandra Amoroso a Elisa, dai Pooh alla Premiata Forneria Marconi, ai The Kolors, Edoardo Bennato o Luciano Ligabue, Mengoni, Ferro, Noemi, etc. Insomma, sono quelle voci che attraverso la radio sembrano dirci “Forza, ce la possiamo fare”. Anche se poi e per motivi diversi, con loro, gli artisti, non ci siamo mai incrociati al bar o al cinema. Sono le voci che ci distraggono nelle giornate uguali come fiocchi di neve di montagna. O pigre come le nuvole di settembre. Che ci cambiano per tre minuti la vita. “In nome del rock italiano” (di Mimmo Parisi & Diego Romero), ovvero, gli artisti che ci coccolano con le giuste parole. Anche e soprattutto in un momento storico dove tutto, attraverso il web, sembra a portata di mano, una canzone cantata da un rocker italiano aiuta a sperare in un domani più luminoso dell’Enel.

Nel secondo libro dedicato a Bob Dylan – Seeing The Real You At Last di Britta Lee Shain (Message), non ancora tradotto in italiano – c’è il resoconto di una breve, appassionante quanto catastrofica relazione amorosa tra l’autrice e Bob Dylan e dei loro viaggi in tour dagli USA all’Europa al Medio Oriente. Prima di un suo concerto a Tel-Aviv, Dylan ottiene di arrivarci attraversando l’Egitto, di cui è innamorato. Dimostra inoltre di sentirsi particolarmente legato al Muro del Pianto, dove più volte vuole ritornare. E a Helsinki si verifica la rocambolesca ricerca di una sinagoga in occasione delle festività ebraiche, uno dei tanti gustosi episodi narrati dalla scrittrice.

Emergono anche lati inquietanti della rockstar, il tutto condito dal consueto proliferare di vizi nella vita on the road. Scopriamo che si tiene in forma allenandosi con la boxe, l’attore Mickey Rourke è stato uno dei suoi sparring partner; è ossessionato dagli scacchi; crede in alcune superstizioni; gira perennemente con un libro nero dove prende appunti; non si fida dei media perché in ebraico la parola significa oscurità (ho provato a fare una ricerca ma, almeno finora, non ho trovato risultati).

Rock sotto l’ombrellone

In nome del rock italiano
I nomi italiani che entusiasmano migliaia di appassionati e di semplici ascoltatori li conosciamo tutti: da Alessandra Amoroso a Elisa, dai Pooh alla Premiata Forneria Marconi, ai The Kolors, Edoardo Bennato o Luciano Ligabue, Mengoni, Ferro, Noemi, etc. Insomma, sono quelle voci che attraverso la radio sembrano dirci “Forza, ce la possiamo fare”. Anche se poi e per motivi diversi, con loro, gli artisti, non ci siamo mai incrociati al bar o al cinema. Sono le voci che ci distraggono nelle giornate uguali come fiocchi di neve di montagna. O pigre come le nuvole di settembre. Che ci cambiano per tre minuti la vita. “In nome del rock italiano” (di Mimmo Parisi & Diego Romero), ovvero, gli artisti che ci coccolano con le giuste parole. Anche e soprattutto in un momento storico dove tutto, attraverso il web, sembra a portata di mano, una canzone cantata da un rocker italiano aiuta a sperare in un domani più luminoso dell’Enel.

Stratos parla del Premio Notad’Autore2016

Due dei libri partecipanti

Al Premio ‘NotaD’Autore’ sono stati letti, dalla conduttrice Antonella Stratos, gli incipit relativi a ciascuna delle opere più votate dal popolo di internet. Al momento sono undici testi. I libri prescelti dalla giuria on line, (98 le preferenze complessivamente pervenute) ricevono un voto valido per la designazione dei finalisti all’edizione 2016 del Premio ‘NotaD’Autore’. Inoltre quest’anno, tra tutte le recensioni arrivate per i romanzi partecipanti, c’è stata una menzione speciale per il Concorso che, primo in Italia, ha voluto scegliere la letteratura prodotta dai cantautori. Un modo, questo, per analizzare quanto della letteratura classica passi nelle canzoni, e viceversa.

 

Prince, un’occasione per ripensare internet

 

Da quando abbiamo cominciato a usare i social media come delle estensioni di noi stessi (più o meno da sempre) abbiamo anche rivisto il rapporto con l’elaborazione del lutto. In questo sono fondamentali le integrazioni, gli apparati che possiamo usare per far capire al nostro piccolo network cosa significava per noi una tale persona. Insomma, la dimensione collettiva e catartica del lutto celebrata attraverso immagini, foto, disegni, video su YouTube, canzoni su YouTube, qualcosa su YouTube (YouTube è centrale perché ha un flusso di ricerca tale per cui il servizio video di Google è semplicemente il secondo motore di ricerca del mondo dopo – ehm – Google).

Quando è morto David Bowie questa dimensione ha assunto dimensioni evidenti e oggettive. Tutte le nostre timeline (dove per tutte intendo i profili social di quelle poche paia di migliaia di persone interessate alle cose musicali e, più in largo, alle cose culturali) sono state letteralmente invase da David Bowie. Per giorni, quasi per settimane. Sembrava non si ascoltasse, vedesse, fruisse altro che David Bowie. Ed era una celebrazione bellissima: spontanea, addirittura sincera in questi tempi di ostentato cinismo e sopracciglio alzato. Certo, gli algoritmi sono fatti per farci vedere contenuti simili a quelli che postiamo ed è come se avessimo creato un Bowieverso, ma il fenomeno è stato talmente pervasivo da aver occupato davvero per giorni il dibattito (e di solito le “grandi ondate” di opinione durano qualche ora, massimo un giorno).

Quando è iniziata a circolare la notizia della morte di Prince, nella sera del giovedì, abbiamo sperimentato un modo inedito di affrontare la “morte di uno famoso”. Prince, infatti, da luglio 2015 ha rimosso tutto il suo materiale dai servizi di streaming. Niente Spotify; niente Deezer; niente YouTube (solo Tidal, per essere precisi). In questi tempi di ascolto distratto e zapping culturale, l’“artista paranoico per eccellenza” ha deciso – con una mossa degna di Steve Jobs – di avere il controllo assoluto in un mondo in cui sembra tu non possa controllare niente. Un gesto che ha privato milioni di persone che mai si sognerebbero di pagare per la musica di ascoltare, soprappensiero, una versione decente di Purple Rain su Vevo. Un gesto con cui Prince ha anche deciso come essere celebrato. Noi non possiamo postare canzoni di Prince sui social (se non versioni live, video catturati chissà come, versioni cover, video modificati con il pitch, e così via) e questo ha, per certi versi, azzoppato la viralità canonica del lutto. C’è, ma non si vede. Tante parole, tante immagini (come la bellissima copertina del New Yorker che stiamo condividendo tutti), ma poca musica.

È un processo interessante, forse non voluto (anche se da un artista totale come Prince possiamo aspettarci di tutto), con cui la mancanza di canzoni online influisce direttamente sull’elaborazione del lutto. Come se la dimensione collettiva che ritroviamo con fastidiosa frequenza in questo 2016 si svolgesse “in assenza” del protagonista. Controllando la musica, Prince, ha cercato di controllarne il consumo, la fruizione e l’esperienza che ne fanno i fan. Come se la “morte” fosse semplicemente una cosa come un’altra, un impiccio da non sacralizzare per tornare a occuparsi di altro di molto più importante.

Génération Bataclan, il 13 dicembre nel web

 

La recente vittoria relativa della destra francese ha riacceso gli animi. Alcuni mass media parlano di reazione Bataclan intendendo, ovviamente, questo risultato come un effetto proveniente dai recenti attentati terroristici. Fra tutti quello al Teatro Bataclan. Altri, più prosaici e distaccati o realisti, pensano che già da tempo aleggiava nell’aria il tentativo di dar potere alla Marine Le Pen e che i voti raccolti da quest’ultima ne sono semplicemente la prova che le cose stiano così. Qualunque sia la versione più attendibile, rimangono sul pavimento di quella sera terribile, i lamenti dei ragazzi della Génération Bataclan, come è stata definita.

Ci si può interessare in diversi modi di questo fatto, e degli atti terroristici in genere. Alcuni, come il cantautore emiliano Mimmo Parisi, lo fanno mettendo nero su bianco le loro emozioni. Il songwriter ha recentemente presentato “I tipi duri non scendono dal treno”, un album di 11 brani per le Edizioni Videoradio (Portera, Braido, Vercon etc.). Non era, ovviamente e immediatamente a ridosso dell’album, previsto un singolo con un tema storico, perché di questo si tratta, di Storia. Nessuno il giorno prima dei fatti tragici di Parigi poteva immaginare quello che è accaduto. Certo, anche in Europa, dopo l’11 settembre americano, ci sono stati attacchi terroristici. Ma in quei casi si trattava di eventi che seguivano una certa logica del terrore. Chi poteva sospettare che un ordinario concerto potesse essere preso di mira  dall’Isis?

Ecco quello che Mimmo Parisi ha detto in proposito al brano che farà uscire tra pochi giorni: “Va da se, intanto, che la data, lo capisce chiunque, ha un valore preciso. Pubblicare “Génération Bataclan” il 13dicembre è, da parte mia, un sentito omaggio a chi, e a qualsiasi titolo, ha subito il dramma di quella sera. Che si fosse allo stadio o in un bistrot a trascorrere il weekend o a un concerto, proprio da quest’ultimi prende nome il singolo, “Génération Bataclan”, la sostanza e l’offesa ricevuta dal destino non cambiano. Non potevo stare zitto. Così, ho semplicemente scritto dei versi e li ho musicati. Il risultato è “Génération Bataclan”. Penso che ognuno, come può, debba tenere viva l’attenzione su fatti di questa portata”.

Parole, musica e arrangiamenti – compresa l’orchestra in plugin – sono stati curati dall’autore. Drum campionata da Diego Romero. Le chitarre acustiche, il basso e il canto sono di Mimmo Parisi. Edizioni Stelledicarta. Il Cd sarà distribuito sulle piattaformi digitali. Cover di Testa.

Bono & Douglas

 

 

Bono Vox insieme ai suoi sodali di band fa assunzioni. Certo, in tempi di crisi è una bella notizia. tuttavia la notizia ha dei risvolti socio/lavorativi di marca diversa da quello che si potrebbe pensare. Comunque, i fan non abbiano paura. Non si tratta di un’integrazione musicale: gli U2 resteranno i soliti, Paul David Hewson ovvero e in arte Bono, David Howell Evans in arte The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. Il sodalizio ha invece un fine di tipo umanitario. D’altra parte, è noto l’impegno sociale che da anni il leader degli U2 dedica a questo tema. Quindi, questo connubio può essere letto come un’evoluzione del cammino intrapreso, per l’appunto e soprattutto, da Bono Vox. Douglas Alexander Montage è stato uno dei 40 parlamentari laburisti che, nel maggio scorso, il partito nazionale scozzese ha sconfitto. In quell’occasione, Alexander ha perso la sede di Paisley e Renfrewshire South. La sconfitta è stata particolarmente dolorosa perché il parlamentare aveva operato nel ruolo di ministro degli esteri ombra e partecipato attivamente alla campagna elettorale del leader del partito laburista Ed Miliband. È realistico pensare che, se le elezioni generali avessero preso una piega diversa, Douglas Alexander avrebbe potuto accedere al titolo di ministro degli esteri del Regno Unito. Tuttavia, l’attuale situazione è molto diversa dalle aspettative che il parlamentare nutriva.
Ora e superato l’impasse della sconfitta politica, l’ex parlamentare laburista – pubblicato sul Financial Times – ha comunicato il suo impegno a lavorare con Bono. In un momento storico che vede la musica e la società bloccate dal terrorismo, sicuramente un sodalizio tra rock e consulenza di formazione politica, diretto a garantire gli investimenti per lo sviluppo atto ad affrontare la povertà globale, assume particolare valore. La presenza di Douglas Alexander all’interno di un entourage rock e segnatamente, quello degli U2, ha destato una certa perplessità. Tuttavia, Bono Vox e Douglas Alexander Montage, vantano una una frequentazione già consolidata. Ad esempio, si può notare come già agli albori del terzo millennio – nel 2000 – il legame U2/ Douglas Alexander Montage fosse già in atto: all’epoca l’ex politico era Segretario di Stato per lo sviluppo internazionale. Alcune dichiarazioni di Bono e Douglas Alexander hanno suggellato con parole chiare gli intenti del loro connubio. Bono si è espresso così: “Veniamo da diverse arene, ma condividiamo l’impegno a combattere la povertà attraverso lo sviluppo sostenibile“. Douglas Alexander, sulla stessa linea, ha dichiarato: “Affrontare la povertà in patria e all’estero è una passione sentita, i Paesi in via di sviluppo hanno necessità di aiuto, ma hanno anche bisogno d’investimenti per generare prosperità”.

Al Bataclan, il 13 novembre 2015

Teatro Bataclan

Uno dei ragazzi che si è salvato dalla carneficina insensata del 13 novembre, ha dichiarato all’Arena di Giletti, che il Bataclan ha una capacità di circa 1500 spettatori. Il 13 novembre il Teatro Bataclan era sold out.

A un certo punto, ha raccontato, quando la band aveva appena iniziato l’intro della canzone “Kiss the Devil”, si è scatenato l’inferno. “Kiss the Devil” è solo una canzone, ovvero  una sequenza di note e parole organizzata secondo un certo gusto, secondo una certa sensibilità. Può piacere o no, ma è solo un’espressione artistica. Purtroppo, a quanto pare e in culture diverse da quella occidentale, se si esclude la musica fatta coi tamburelli e con scopo di accompagnamento a funzioni religiose, quella restante e del tutto normale in contesti occidentali, è percepita come blasfema. Questa potrebbe essere una delle ragioni della follia al Teatro Bataclan.

I fatti sono purtroppo ultra conosciuti. Il 13 novembre il Bataclan era colmo di giovani in attesa del concerto. C’era chi faceva dei selfie, chi sorseggiava con gli amici una birra, chi guardava verso il palco attendendo i propri beniamini. Insomma, il paesaggio banale – in questo caso, sinonimo di tranquillità – di un weekend all’insegna della musica. Quando, finalmente, il concerto agognato è iniziato, la gioia e le canzoni hanno permeato lo spazio del Teatro.

Non era previsto alcun cambio di artisti sul palco, tuttavia un cambio velenoso è avvenuto. A un certo punto, dalle canzoni cantate in coro, si è passati alle urla di terrore. Il palco, un secondo prima animato dalle chitarre, è stato aggredito da una nuova band: la band del terrore. Via le chitarre, avanti i kalashnikov. Niente spartiti, crome o semicrome. Solo proiettili.
Certo, come ha ricordato il ragazzo ospite da Giletti all’Arena, il centro del Bataclan si era riempito di poveri corpi ‘colpevoli’ di aver voluto partecipare a un concerto e per questo abbattuti, ma, lo intuirebbe chiunque, chi si vuole distruggere – in questo frangente – è l’Occidente.
È stato, fra le altre cose, un attacco diretto al rock occidentale.

Vale la pena segnalare che il gruppo del 13 novembre non è un insieme di musicisti nichilisti appartenenti all’heavy metal. Anzi, gli Eagles of Death Metal, questo il loro nome, non sono nemmeno appartenenti al Death Metal. Il nome nasce proprio all’insegna della non aggressività: “Eagles of Death Metal”, infatti, è il nome scelto dall’attuale leader Jesse Hughes, cantautore/chitarrista e frontman. L’artista lo scelse in seguito a una discussione avuta con un sostenitore dei Poison. In quest’occasione e contro l’affermazione del fan che definiva Death Metal i Poison, Jesse aveva risposto con nonchalance che questi, al massimo, sarebbero potuti essere gli ‘Eagles of Death Metal’: come a dire che, i Poison, erano sentiti da lui rassicuranti almeno quanto gli storici Eagles di “Hotel California”.
Gli Eagles of Death Metal, oltre all’ovvio shock vissuto, hanno anche avuto una perdita umana. Infatti, fra le vittime, c’è Nick Alexander, 36 anni, addetto al merchandising della band.
Oltre a Jessie Hughes, il gruppo vede nelle proprie fila, Dave Catching (chitarra, vocals, basso), Matt McJunkins (basso, vocals), Julian Dorio (alla batteria) e Eden Galindo (guitar, vocals).
La band ha all’attivo collaborazioni illustri con musicisti importanti come Dave Grohl, Brian O´Connor, Joey Castillo, Jack Black e Taylor Hawkins.

Va da se che l’obiettivo di questo eccidio è uno solo: tenere lontano dai luoghi della Cultura – in questo caso, la musica rock – le persone. Perché il contatto significa trasmissione d’idee e coraggio. E, proprio all’insegna del coraggio e della speranza, i concerti non saranno disertati.

 

Pubblicato “I tipi duri non scendono dal treno”

Mimmo Parisi | In uscita il nuovo album 

Comunicato stampa

I Tipi duri non scendono dal treno è il nuovo album di Mimmo Parisi, disponibile dal 26 ottobre.

 

 

E’ disponibile dal 26 ottobre, sui principali store digitali web, il nuovo album di Mimmo Parisi, un lavoro che arriva a qualche mese di distanza dall’ultimo singolo.

Il Cd titola I tipi duri non scendono dal treno.

Nel disco Parisi racconta criticamente la realtà e la capacità degli individui di tener fede alla propria parola: I tipi duri non scendono dal treno sono, nella visione del rocker emiliano, coloro che, comunque e a qualunque costo, portano avanti un loro progetto; fosse anche l’apertura di una rivendita di panini di due metri per due. Parola d’ordine, essere responsabile del proprio ruolo nel mondo. Nel Cd si alternano intense ballate rock a brani più graffianti: canzoni con l’inconfondibile stile di Parisi, un rocker sincero nel panorama della musica italiana.

Il concept della cover e del booklet dell’album è di Gianni Testa, artista e compagno di Accademia di Belle Arti del cantautore Mimmo Parisi. Testa è esponente della “light art contemporanea”.

Tracklist: I tipi duri non scendono dal treno, Ci sarà pure un’isola, Angelo del rock, Nella notte, Ma fatti un viaggio su Marte, Bambino, Non ti guardare mai dietro, Controvento, Sembri Frozen, Solo 5 minuti, Eppure brilla la luce.

Label Edizioni Musicali e distribuzione: Videoradio (Ricky Portera, Alberto Radius, Andrea Braido, etc.).
Per ulteriori informazioni: https://www.youtube.com/watch?v=P1QdiKaqVDE

Voto: 7