James Bond ha un avversario

Il fortunato personaggio lanciato da Fleming il secolo scorso, avrà una nuova possibilità e l’avrà in Italia. Infatti, è notizia abbastanza recente, il Bel Paese ospiterà la troupe cinematografica e tutto quello che concerne il remake di un film su James Bond.  Questo vorrà dire capitali investiti in terra italica. Sicuramente è una delle poche notizie che provano a tirare su il morale della Nazione in ginocchio. Tuttavia, anche ad essere forzatamente positivi, nell’anno nuovo James Bond potrà poco contro l’agente Jobs Act.A gennaio, così pare, questo nuovo “agente” entrerà in azione. Niente corse con macchine speciali o tentativi di salvare il pianeta da qualche bomba atomica. Se niente si opporrà, il Jobs Act farà sparire con un colpo di spugna il cnl,il contratto nazionale del lavoro. È probabile che la cosa riesca, visto che Act non può disubbidire al suo capo diretto, Matteo Renzi, suo creatore.

Ma quando è iniziata la decadenza del cnl? Già dal 1990 la parte di reddito destinata ai lavoratori ha iniziato ad assottigliarsi. Da quel fine millennio la quota è diminuita di circa 7 punti, dal 62 per cento al 55. Nel giugno 2011 e nel novembre 2012, tale esito nefasto ha ricevuto ulteriore forza dagli accordi interconfederali, anche se bisogna riconoscere che la Cgil non ha firmato. Quindi la funzione storica del cnl, ovvero la difesa della quota salari sul Pil, stante così i fatti, nel nuovo anno cesserebbe. Per mano di Jobs Act, l’agente con licenza di cancellare il cnl. Ora, lo capirebbe chiunque, se il denaro si sposta dal lavoratore, è perché raggiunge altri lidi. Più precisamente va a rimpinguare, ad esempio, il top manager che gode di maggiori introiti. Tuttavia, non è la stessa cosa il denaro in tasca ad uno o a tanti.

Il problema è che, in un organismo economico, duecento operai rappresentano una domanda, appunto, di duecento; uno rappresenta il consumo di uno. Non ci vuole molto per capire dove vuole andare a parare questo punto di vista: alla contrazione della domanda interna. Jobs Act in azione significherà non solo impari livello tra classe possidente e lavoratori, ma anche differenza all’interno di quest’ultimi. Infatti gli accordi sindacali locali permetteranno alle imprese uno spazio operativo che per forza creerà squilibri stipendiali. Nel 2013 la soglia della povertà relativa è stata fissata in circa 1.300 euro per una famiglia di tre persone. C’è il pericolo che la soglia si abbassi di più. Ovviamente, col Jobs Act agente, le imprese che vanno bene e quelle che arrancano creeranno differenze stipendiali.

Si attuerà una reazione a catena, verosimilmente: alle disuguaglianze stipendiali tra azienda e azienda, seguiranno le differenze territoriali. Il Jobs Act è un incognita: i bassi salari rischiano di danneggiare l’economia ostacolando la modernizzazione delle imprese. La ricerca e lo sviluppo, in Italia, non segnalano un Paese proiettato verso il futuro. Fin dagli anni ’90 gli investimenti in questo senso ammontano a un afflitto zero virgola qualcosa. Senza contare l’età delle strutture che doppiano quelle presenti negli altri Stati europei. Le imprese italiane non sono sfavillanti, anzi. Senza giri di parole, rischiano di essere le ultime della classe. Ma qui entra in azione Mr. Jobs Act: offre loro la possibilità di conservare questo status.

Il fatto è che, là dove la legge permetta alle imprese di forgiare salari su misura, ovvero da lavoratore povero, quattro imprese su cinque tenderanno a farlo. Ancora, non è verosimile che spendano soldi in ricerca, né in sviluppo o investimenti. Di impianti rinnovati non se ne parla nemmeno: insomma l’aumento annuo della produttività del lavoro, che è strettamente collegato ai punti appena citati, resterebbe nelle vicinanze dello zero.

Diego Romero, webber